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Soddisfatti del corso di studi scelto (il 90,5%), ma sempre più selettivi nella ricerca di lavori che siano adeguatamente retribuiti e coerenti con il percorso. È quanto emerge dal 26esimo Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati stilato dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea.

Immagine di repertorio

Soddisfatti del corso di studi scelto (il 90,5%), ma sempre più selettivi nella ricerca di lavori che siano adeguatamente retribuiti e coerenti con il percorso. E per questo molti sono disposti ad andare all’estero dove i compensi sono più alti.

È quanto emerge dal 26esimo Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati stilato dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea. La ricerca ha coinvolto circa 660mila laureati di 78 atenei e ha fotografato la condizione occupazionale a distanza di uno, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo.

I laureati italiani meno disposti ad accettare lavori a basso reddito

Secondo quanto si legge nel Rapporto, i laureati sono “sempre meno disponibili ad accettare lavori a basso reddito o non coerenti con il proprio percorso”. Nel 2023, viene evidenziato, “a un anno dal titolo la quota, tra i laureati di primo e di secondo livello, di chi accetterebbe una retribuzione al più di 1.250 euro è pari al 38,1% e al 32,9%”, con un calo rispetto al 2022 “dell’8,9% e del 6,8%”.

A un anno dal titolo, la retribuzione mensile netta è pari, in media, a 1.384 euro per i laureati di primo livello e a 1.432 euro per quelli di secondo. A 5 anni, invece, a 1.706 euro per i laureati di primo livello e a 1.768 euro per quelli di secondo.

Tirocini o studio all’estero aumentano la possibilità di trovare lavoro

Le esperienze di tirocinio curriculare e le esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso di laurea sono carte vincenti da giocare sul mercato del lavoro.

Come si legge nel rapporto, infatti, “a parità di condizioni, chi ha svolto un tirocinio curriculare ha il 6,6% di probabilità in più di essere occupato a un anno dal conseguimento del titolo rispetto a chi non ha svolto tale tipo di attività, mentre chi ha svolto un periodo di studio all’estero riconosciuto dal proprio corso di laurea ha maggiori probabilità di essere occupato rispetto a chi non ha mai svolto un soggiorno all’estero (+17,1%)”.

Stipendi notevolmente superiori all’estero

Le cifre risultano ben diverse rispetto a quelle raccolte all’estero che, viene sottolineato, “sono notevolmente superiori: complessivamente i laureati di secondo livello trasferitisi all’estero percepiscono, a un anno dalla laurea, 2.174 euro mensili netti, un +56,1% rispetto ai 1.393 euro” di coloro che hanno invece deciso di rimanere in Italia. A 5 anni dalla laurea, fuori dai confini nazionali la retribuzione è di 2.710 euro; con un +58,7% rispetto ai 1.708 euro italiani.

Ridotto il tasso di occupazione dei neolaureati

Tornando al tema del lavoro, lo studio registra una riduzione del tasso di occupazione di poco superiore all’1% tra i neolaureati: nel dettaglio nel 2023, il tasso di occupazione è risultato pari, a un anno dalla laurea, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 75,7% tra quelli di secondo con un -1,3% e un -1,4 % sul 2022.

La forma di lavoro più diffusa tra i laureati occupati a un anno dal titolo, è il contratto a tempo indeterminato (34,9% tra gli occupati di primo livello e 26,5% tra quelli di secondo livello), mentre svolge un’attività in proprio il 10,1% degli occupati di primo livello e l’8,4% di quelli di secondo.

Sul 2022 l’aumento dei contratti a tempo indeterminato è del 3% per i laureati di primo livello e del 3,3% per quelli di secondo. A 5 anni dalla laurea gli assunti a tempo indeterminato sono il 72,7% dei laureati di primo livello e il 52,6% di secondo.

Solo il 31,3% dei laureati a un genitore con titolo di studio universitario

Quanto al cosiddetto ascensore sociale, sembra rallentare: “il 31,3% dei laureati nel 2023 ha almeno un genitore con un titolo di studio universitario” contro “il 27,6% del 2013”.

Fra i laureati che hanno almeno un genitore laureato, il 20,3% completa gli studi nello stesso ambito “quota che sale al 37,8% tra i laureati magistrali a ciclo unico, ossia all’interno delle lauree che portano più frequentemente alla libera professione raggiungendo il 42,3% tra i laureati del gruppo medico e farmaceutico e il 39,9% in quello giuridico”.



 

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