«à stata una bella lotta con la Ragioneria di Stato», raccontano da Forza Italia. Ma alla fine l’accordo sul Superbonus è stato trovato, quasi fuori tempo massimo. La norma sulla maxi detrazione al 110% per le ristrutturazioni edilizie e l’efficientamento energetico è stata approvata giovedì dal Consiglio dei ministri dopo l’accordo trovato in un pre-consiglio con i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.
Un decreto ad hoc Non ci sarà alcuna proroga, viene sottolineato sia da Palazzo Chigi sia dal ministero dell’Economia di via Veneto, nonostante Forza Italia da giorni l’avesse espressamente richiesta. Ma c’è un decreto ad hoc per aiutare in particolare i cittadini con i redditi più bassi che si trovano con i cantieri aperti e senza più la detrazione al 110% che, viene precisato,«finisce il 31 dicembre», e per venire incontro a famiglie e imprese che dal primo gennaio rischiavano di dover restituire i crediti fiscali maturati per lavori però ancora non conclusi.
Ecco quindi un provvedimento «a costo zero» che salva tutti i lavori certificati entro la fine del 2023 anche se non terminati, ma che mette la parola fine sul Superbonus così come è stato finora e che alle casse dello Stato è costato 100 miliardi. Ma aggiunge anche paletti agli altri bonus edilizi, dalle barriere architettoniche agli edifici colpiti da eventi sismici.
Aiuti e sanatoria Per i redditi bassi con Isee fino a 15 mila euro, il decreto prevede una sorta di proroga dell’agevolazione al 110%: si tratta dell’istituzione di un Fondo povertà che coprirà le spese effettuate dal primo gennaio al 31 ottobre 2024 e non coperte più dall’agevolazione al 110% ma solo al 70%. «In questo modo — spiega Palazzo Chigi — le fasce meno abbienti non si dovranno fare carico della differenza». Ma lo stato di avanzamento lavori non dovrà essere inferiore al 60 %. Sarà il Mef a definire l’entità del Fondo che sarà finanziato recuperando risorse da altri fondi esistenti: al momento può contare su poco più di 16 milioni di euro.
Per tutti gli altri, l’agevolazione scende al 70%, come previsto, dal primo gennaio e diventa un credito d’imposta. Ma per le famiglie e le imprese ci sarà una «sanatoria»: chi non ha terminato i lavori entro il 31 dicembre e ha un credito fiscale con lo Stato non dovrà restituirlo. Ma i lavori andranno poi terminati e dovranno essere rispettate determinate condizioni, come il miglioramento di due classi energetiche. In mancanza di quest’ultimo requisito, il credito d’imposta scende al 50%.
Stretta su altri bonus Il nuovo decreto prevede anche una stretta sugli altri bonus edilizi, come il sisma bonus e quello per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Per il Sisma bonus viene esclusa la cessione del credito nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione in zone sismiche dove non sia stato richiesto il titolo abilitativo alla data di entrata in vigore del decreto. Ci saranno inoltre maggiori controlli per limitare l’agevolazione solo agli edifici davvero danneggiati da eventi sismici.
Paletti più stretti anche per le barriere architettoniche: rientrano nelle agevolazioni le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025 per interventi per ascensori, scale, rampe, piattaforme. Vengono escluse invece le porte automatiche, le tapparelle, le saracinesche, persiane automatiche. La cessione del credito e lo sconto in fattura varrà solo per gli interventi effettuati nelle parti comuni dei condomini con uso abitativo e per le persone fisiche con redditi fino a 15 mila euro. Il limite del reddito non si applica per le persone con disabilità .
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