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I bancari dovranno aspettare il 2024 per il rinnovo del contratto. Si parla infatti di una possibile proroga dell’accordo attuale, in scadenza al 30 aprile, per tutto il 2023. Secondo quanto riporta il Messaggero, durante l’esecutivo Abi la proposta di proroga dell’accordo è stata condivisa dalle parti che la formalizzeranno nella riunione del 26 aprile. L’iter infatti per l’approvazione del nuovo contratto è ancora lungo: nelle prossime settimane, tra maggio e giugno, la piattaforma di rinnovo del Ccnl verrà sottoposta al vaglio delle assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori. Il nuovo accordo dovrebbe essere chiuso entro dicembre 2023 e dovrebbe entrare in vigore dal 2024.

La piattaforma

Le proposte di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Unisin e Uilca riguardano soprattutto l’orario del lavoro e l’organizzazione. Tra le richieste dei sindacati, che riguarderanno circa 270 mila lavoratori, ci sono l’aumento di 435 euro da spalmare in 3 anni, il ripristino del calcolo pieno del tfr, l’orario ridotto a 35 ore (riducendo l’orario di mezz’ora tutti i giorni) e la flessibilità sullo smart working concesso fino a 120 giorni all’anno.

I mutui agevolati

Va poi sciolto il nodo dei mutui a tasso agevolato per i 70 mila dipendenti che ne hanno usufruito come fringe benefit, i beni non monetari concessi dai datori ai dipendenti. La questione è tecnica ma il punto cruciale è l’erosione delle buste paghe per i bancari che hanno in corso un finanziamento agevolato, non più conveniente per il combinato disposto dei rialzi dei tassi Bce e dell’abbassamento della soglia di esenzione fiscale dei fringe benefits. Si tratta infatti di benefici che non concorrono a determinare l’imponibile Irpef entro una certa soglia di valore. Ad oggi il tetto, dopo l’aumento deciso dal governo Draghi, è sceso da 3.000 euro a 258 euro. Con conseguenze importanti in busta paga per i bancari con mutuo: Fabi segnala decurtazioni superiori all’80% in busta paga. Il problema è quindi l’ancoraggio del beneficio al Tur, il Tasso ufficiale di riferimento passato da 2,5% nel 2022 a 3,5% da marzo scorso.

I calcoli

Come spiegano da Fisac Cgil per i mutui agevolati la tassazione viene applicata sulla metà della differenza tra il tasso ufficiale Bce e il tasso di interesse applicato al finanziamento. Tasso che va poi moltiplicato per il debito residuo. Si prenda il caso di un mutuo agevolato con capitale residuo a 300 mila euro e tasso fisso allo 1,25%. Il calcolo da fare è: (Tasso Bce– Tasso dipendente) / 2 = % benefit e poi % benefit x debito residuo. Il risultato è l’ammontare del benefit che diventa reddito imponibile se supera la soglia dei 258euro, il che è facile nel caso dei mutui. Nel nostro caso il dipendente avrà 3375 euro in più di reddito imponibile. La norma del Tuir, testo unico delle imposte sui redditi, prevede infatti che in caso di superamento di tale soglia, l’intero ammontare venga assoggettato a tassazione. Sul tema è intervenuta giorni fa la sottosegretaria al Mef, Sandra Savino: «Sono in corso attività istruttorie finalizzate a valutare l’opportunità di un intervento normativo volto a correggere il criterio di determinazione forfetaria del reddito in caso di concessione di finanziamenti a tasso fisso ai dipendenti, in conseguenza dell’aumento del tasso ufficiale di riferimento della Bce, fatta salva la necessità di quantificare gli effetti finanziari recati dalla disposizione da emanare al fine dell’individuazione dei necessari mezzi di copertura».

 

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