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Un piano europeo che metta al centro la casa. E’ l’idea della vicesindaca Emily Clancy, intervenuta ieri a Roma all’evento promosso dall’Alleanza Verdi Sinistra “Un clima migliore per l’Europa”, come riferisce l’agenzia Dire. 

“Negli ultimi decenni c’è stato un disinvestimento strutturale sul diritto alla casa nel nostro Paese – ha detto Clancy – nonostante esistano sentenze della Corte Costituzionale che definiscono la casa come un diritto inviolabile e un bene primario dell’individuo, stabilendo che per il nostro ordinamento è un generale dovere della collettività impedire che qualcuno resti senza abitazione. Eppure dobbiamo dirlo: questo Paese ha lasciato che questo diritto fosse garantito o meno dal mercato”.

Secondo la vicesindaca “oggi il diritto alla casa nel nostro Paese è regolato da un mercato, un mercato drogato e che ha fallito, mangiato dagli affitti brevi sregolati e dalle speculazioni. Questo sistema capitalistico del tutto speculativo ha fallito e questa è ormai una consapevolezza diffusa”. 

Entro il 2050 “l’85% della popolazione europea abiterà nelle grandi città – quindi osserva Clancy –  È venuto il momento di una politica comune, su base europea, sulla casa: a partire dalla regolazione delle piattaforme turistiche per governare l’estrazione di capitale che stanno producendo sulle città e dalla formulazione di un quadro unico europeo sui diritti all’abitare a cui agganciare specifiche linee di sostegno e finanziamento. È quindi necessario ragionare fin da adesso su come mettere al centro una politica abitativa che differenzi tra i borghi e le grandi città ad Alta Tensione Abitativa, agendo su quest’ultime, costruendo edilizia sociale, studentati, edilizia popolare. Per invertire la rotta – conclude Clancy  – contrastando le disuguaglianze, con un vero e proprio piano europeo che metta al centro la casa per tutti e tutte”. 

L’emergenza sotto le Torri

La situazione abitativa sotto le due torri è in capo alla vicesindaca che ha la delega proprio alla Casa e che a giugno, insieme ad altre amministrazioni, ha lanciato un “manifesto –  per presentare al Governo – richieste concrete e strumenti per i Comuni finalizzati a gestire le politiche abitative, tenendo conto dei più fragili, degli studenti, del tema degli affitti brevi e delle esigenze del comparto turistico”.

A luglio è stato varato il nuovo Piano per l’abitare del Comune di Bologna. Un programma di investimento da 200 milioni di euro, per impostare una rotta che dovrebbe portare ad avere 10.000 nuovi alloggi in città nell’arco di 10 anni. I primi obiettivi sono realizzare nuovi studentati pubblici e raggiungere lo “sfitto zero” negli alloggi Erp, con un piano di recupero di 600 appartamenti oggi vuoti. La delibera è stata approvata ieri in Consiglio comunale: in aula anche il sindaco Matteo Lepore, il centrodestra non ha votato.

“Non possiamo sostituirci allo Stato, alla Regione e all’Ateneo nell’accoglienza degli studenti – ha detto nei giorni scorsi il sindaco, Matteo Lepore, a margine di una conferenza stampa organizzata dall’Università di Bologna proprio per parlare del rapporto tra città e popolazione studentesca – scaricare le colpe sul Comune equivale a fare il gioco delle tre carte. Noi mettiamo a disposizione le aree ma gli investimenti devono essere statali e le borse d studio della Regione. Mancano ancora trecento posti letto per ragazzi che hanno la borsa di studio: noi abbiamo messo a disposizione aree e immobili. Ora occorre che ii finanziamenti li metta lo Stato”. 

In tema di studenti fuori sede, ia ministra all’Università e alla Ricerca Anna Maria Bernini ha dichiarato che in manovra di bilancio sono a disposizione di decine di migliaia di nuovi posti letto, con un investimento da “150 milioni di euro per coprire gli 8.500 già assegnati e che le studentesse e gli studenti stanno già utilizzando”. 

Casa e occupazioni 

La crisi abitativa ha riaperto il fronte delle occupazioni in città: il 20 ottobre sono stati presi i condomini di via Carracci, mentre lo scorso 13 ottobre, il CUA in uno stabile in viale Filopanti 5/A, ’ex Istituto Zoni, “una residenza universitaria privata della fondazione Residenza universitaria internazionale” e che “da anni era lasciato alla polvere e al disuso”, spiega il collettivo che intende far nascere il “Glitchousing Project”, un portale “per agevolare la ricerca di casa di studentesse e studenti, in guardia da fregature, palazzinari e speculatori”.

Il 6 ottobre era stato occupato l’Istituto Santa Giuliana, in via Mazzini 90, un grande stabile vuoto e in vendita, di proprietà della Chiesa, per la precisione della Congregazione delle Suore Serve di Maria”, poi sgomberato il 17 ottobre

Agli inizi di settembre, dopo aver liberato un condomnio in via Raimondi, occupato ad aprile, gli attivisti Plat si sono trasferiti al 115 di via Corticella.

A luglio era stata sgomberata l’ex caserma Masini, in via Orfeo, già sede del collettivo Labas, ora in vicolo Bolognetti. 

 

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