Prestiti personali immediati

Mutui e prestiti aziendali

Utilizza la funzionalità di ricerca interna #finsubito.

Agevolazioni - Finanziamenti - Ricerca immobili

Puoi trovare una risposta alle tue domande.

 

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito
#finsubito news video
#finsubitoagevolazioni
#finsubitoaste
01_post_Lazio
Agevolazioni
News aste
Post dalla rete
Zes agevolazioni
   


In sede di separazione, il giudice, su richiesta del coniuge economicamente più debole, stabilisce un assegno di mantenimento; può essere fissato anche un contributo a favore della prole. La presente trattazione è dedicata al mantenimento del coniuge separato, ossia al provvedimento con il quale una parte viene condannata a versare all’altra una somma di denaro con cadenza mensile. Vengono affrontati i presupposti per l’erogazione dell’assegno, la sua revisione e revoca. Inoltre, sono esposte le differenze tra il mantenimento e gli alimenti, spesso erroneamente scambiati tra loro; sono elencati i rimedi esperibili in caso di inadempimento da parte del coniuge obbligato; ci si sofferma, altresì, sulle modalità di redazione dell’istanza per accedere al “Fondo di solidarietà a favore del coniuge in stato di bisogno”, nell’attesa che venga riattivato, in quanto non più finanziato dal 2018.

La separazione di una coppia sposata non fa venir meno il vincolo di coniugio. Le parti, infatti, sono ancora marito e moglie. Si può parlare di “ex coniuge” solo all’esito del divorzio. La separazione comporta la sospensione dei doveri reciproci dei coniugi, salvo l’assistenza e il mutuo rispetto. L’assegno di mantenimento trova il proprio fondamento proprio nel dovere di assistenza. Inoltre, a seguito della disgregazione della famiglia, i coniugi devono occuparsi della prole, ai sensi dell’art. 148 c.c. ma, nella presente trattazione, ci si soffermerà unicamente sul contributo a favore del coniuge

Ciò premesso, vediamo di cosa si tratta.

L’assegno di mantenimento è un importo forfettizzato, stabilito in sede di separazione, la cui funzione si sostanzia nel fornire al coniuge economicamente più debole, sprovvisto di redditi propri, un sostegno. Nella maggior parte dei casi, l’assegno viene previsto a favore della moglie che non lavora o il cui reddito è significativamente inferiore a quello del marito. L’attribuzione dell’assegno avviene su istanza di parte e non può essere fissato d’ufficio dal giudice. Viceversa, il giudice può adottare, senza previa richiesta, i provvedimenti a tutela degli interessi materiali e morali della prole, compresa l’attribuzione del contributo al mantenimento (Cass. Ord. 14830/2017).

Spesso è difficile comprendere il ruolo delle parti a causa del linguaggio giuridico impiegato. Facciamo chiarezza:

  • la parte obbligata alla corresponsione dell’assegno viene definita coniuge obbligato o onerato,
  • la parte che riceve l’assegno viene definita coniuge beneficiario o avente diritto.

L’assegno di mantenimento ha una funzione:

  • assistenziale, si tratta di un sostegno economico successivo alla cessazione della convivenza ma in continuità con essa,
  • perequativa, ossia equilibratrice, finalizzata non già alla ricostituzione del tenore di vita esistente durante il rapporto, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dei coniugi stessi ( Ord. 5603/2020 in materia di divorzio)

Viceversa, tale assegno non ha una funzione

  • compensativa, ossia non è diretto a ricompensare il coniuge – solitamente la moglie – per i sacrifici fatti durante il matrimonio,
  • risarcitoria, ossia non è volto a ristorare il coniuge per le conseguenze negative derivanti dalla cessazione del rapporto.

L’assegno di mantenimento trova il proprio ubi consistam normativo segnatamente nell’art. 156 c.c. a mente del quale:

  1. Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.
  2. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato.
  3. Resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti
  4. Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall’articolo 155 c.c.
  5. La sentenza costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’articolo 2818.

Oltre al dato normativo, assume particolare rilievo la giurisprudenza che si è formata, negli anni, in tale materia. In particolare, deve segnalarsi la portata innovatrice di una recente sentenza delle Sezioni Unite (Cass. S.U. 18287/2018) in relazione all’assegno divorzile, ma estensibile analogicamente al mantenimento.

La separazione può essere consensuale o giudiziale.

  • Nella separazione consensuale, si registra un accordo tra i coniugi che riguarda i rapporti personali e patrimoniali. Essi sono liberi di determinare la misura dell’assegno, il giudice non verifica la sussistenza dei presupposti per la sua erogazione, ma si limita ad omologare l’accordo.
  • Nella separazione giudiziale, visto che le parti non sono giunte ad una soluzione concordata, spetta al giudice verificare la sussistenza dei presupposti e determinare la misura dell’assegno.

Per rispondere al quesito, occorre distinguere il momento della rinuncia.

In entrambe le forme di separazione, il coniuge non può rinunciare preventivamente all’assegno di mantenimento, atteso che si tratta di un diritto discendente dal rapporto di coniugio. Infatti, ai sensi dell’art. 143 c.c. dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni del nucleo familiare.

Viceversa, è ammessa la rinuncia all’assegno, durante la fase di separazione, qualora ambedue i coniugi dispongano di redditi sufficienti. Nondimeno, non si tratta di una rinuncia irretrattabile, infatti, qualora venisse meno l’autosufficienza economica, il coniuge in difficoltà, potrebbe formulare la richiesta di mantenimento.

Parimenti, sono nulli gli accordi raggiunti in sede di separazione, in cui ci si accorda sui rapporti economici del futuro divorzio. Sebbene nella filmografia statunitense, si faccia spesso riferimento ai cosiddetti “contratti pre-matrimoniali”, ove le parti stabiliscono anticipatamente le future condizioni economiche, nel nostro ordinamento, una siffatta tipologia di accordi, allo stato, risulta inammissibile.

I presupposti per l’assegno di mantenimento si evincono dall’art. 156 c.c.
È necessario che:

  1. il coniuge richiedente non abbia subito l’addebito della separazione,
  2. il coniuge richiedente non disponga di adeguati redditi propri, ossia si trovi in una condizione economica deteriore rispetto al coniuge obbligato,
  3. l’altro coniuge abbia la possibilità economica di provvedere al pagamento.

La norma non postula l’accertamento dello stato di bisogno, nel qual caso si parlerebbe di assegno alimentare (vedasi paragrafo 29). Al contrario, occorre valutare se il reddito del coniuge richiedente sia adeguato. Il giudizio di adeguatezza postula un confronto tra le parti, che conduca ad una situazione patrimoniale di squilibrio. In tale valutazione, bisogna considerare diversi elementi come:

  • la durata del matrimonio,
  • le potenzialità reddituali,
  • l’età.

In merito al rilievo da attribuire al tenore di vita, in passato considerato uno dei parametri di riferimento, si rinvia al paragrafo 15, ad esso dedicato.

Naturalmente, grava sul coniuge richiedente provare i presupposti su cui si fonda la domanda, in particolare, la dimostrazione della capacità economica dell’altra parte.

Cosa significa addebito?

Senza pretesa di completezza, si ricorda che la separazione può avere luogo quando la convivenza diventa intollerabile o si reca pregiudizio alla prole (art. 151 c.c.). Allorché l’intollerabilità o il pregiudizio scaturiscano dalla violazione dei doveri derivanti dal matrimonio, si può chiedere l’addebito al coniuge “colpevole”. L’addebito deve formare oggetto di specifica richiesta in sede di separazione. Inoltre, qualora entrambi i coniugi abbiano contribuito a rendere intollerabile la convivenza, il giudice può addebitare la separazione ad ambedue. Affinché venga pronunciato l’addebito, occorre dimostrare la condotta dell’altro coniuge e il nesso causale con la crisi della coppia.

Ciò premesso, l’addebito della separazione comporta delle conseguenze:

  • la perdita del diritto all’assegno di mantenimento,
  • la perdita dei diritti successori.

L’addebito non elimina il dovere di versare gli alimenti, in caso di bisogno, ai sensi dell’art. 433 c.c. (vedasi paragrafo 29). Inoltre, il coniuge a cui sia addebitata la separazione conserva il diritto a percepire un assegno vitalizio a carico dell’eredità, qualora godesse degli alimenti al momento dell’apertura della successione.

L’art. 156 c. 1 espressamente prevede che al coniuge richiedente l’assegno non sia addebitata la separazione. La separazione è pronunciata senza addebito, quando la violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio si verifica allorché la crisi era già in corso. Ad esempio, il tradimento non è causa automatica di addebito, qualora avvenga dopo che tra i coniugi era già maturata un’incompatibilità.

Il coniuge ha diritto all’assegno di mantenimento, qualora non abbia adeguati redditi propri (art. 156 c. 1 c.c.). La valutazione dell’adeguatezza avviene mediante:

  • un raffronto con la condizione economica dell’altro coniuge,
  • considerando il tenore di vita goduto durante il matrimonio, nei limiti sottoindicati.

In merito al tenore di vita, occorre menzionare l’intervento delle Sezioni Unite (Cass. S.U. 18287/2018). La pronuncia, seppur dettata in tema di divorzio, si estende anche al mantenimento. Secondo la citata decisione, il parametro del tenore di vita va interpretato in chiave più restrittiva rispetto al passato e non può, da solo, giustificare la corresponsione dell’assegno; occorre, infatti, considerare altri elementi, quali il contributo dato dall’ex coniuge, la durata del matrimonio, le potenzialità reddituali e l’età. Quindi, la valutazione dell’adeguatezza deve riguardare la possibilità, per il coniuge richiedente, di raggiungere un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito nella realizzazione della vita familiare.

Il giudice deve considerare la condizione economica in cui versa il coniuge obbligato, ossia se questi abbia i mezzi per far fronte al pagamento del mantenimento. Tale valutazione avviene avendo riguardo al reddito netto dell’onerato e non al lordo (Cass. 9719/2010). Infatti, in costanza di matrimonio, la famiglia fa affidamento sul reddito netto e si rapporta ad esso.

Il giudice decide se il richiedente abbia diritto alla corresponsione dell’assegno effettuando un confronto tra le condizioni economiche dei coniugi, da cui emerga uno squilibrio patrimoniale tra le parti. Oltre a ciò, bisogna considerare altri elementi che qui si elencano a titolo esemplificativo.

La durata del matrimonio non incide sulla debenza dell’assegno, ma sul suo ammontare (Cass. 1162/2017). Pertanto, anche nella circostanza in cui il vincolo matrimoniale sia durato poco, il coniuge più debole ha diritto di beneficiare del mantenimento. Nondimeno, in casi di eccezionale brevità, la giurisprudenza ritiene che l’assegno non sia dovuto atteso che in un contesto di tempo troppo limitato non si può creare la comunione materiale e spirituale che è alla base del matrimonio (Cass. 6464/2015; Cass. 402/2018).

  • Le possibilità lavorative del coniuge richiedente

Il giudice deve verificare se il coniuge richiedente abbia la possibilità di trovare un impiego in considerazione della sua qualifica professionale e del contesto in cui vive. Il solo fatto che il richiedente non abbia un impiego non gli garantisce, in automatico, la corresponsione dell’assegno. Infatti, qualora si dimostrasse la possibilità concreta (e non meramente astratta) di reperire un lavoro, la richiesta verrebbe rigettata. Ad esempio, è stato negato il mantenimento al marito che aveva un’esperienza professionale pluriennale e che avrebbe potuto agevolmente svolgere un’attività lavorativa (Cass. Ord. 15166/2018; Cass. Ord. 5817/2018). Infatti, secondo la giurisprudenza, «l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi [coniugi], quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini delle statuizioni afferenti l’assegno di mantenimento; tale attitudine del coniuge al lavoro assume in tal caso rilievo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale, e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche» (Cass. 18547/2006)

  • I redditi e il patrimonio

Il giudice, per ricostruire il tenore di vita della coppia in costanza di matrimonio e per effettuare un raffronto tra la situazione patrimoniale dei coniugi, deve conoscere i rispettivi patrimoni, ad esempio, valutando l’esistenza di:

  • conti correnti, risparmi, investimenti, polizze assicurative e così via,
  • cespiti produttivi di reddito, ad esempio, i canoni di locazione percepiti da un immobile concesso in locazione.

Come vedremo nel paragrafo 14, ai fini del quantum debeatur, è necessario considerare anche a chi spetti il godimento della casa familiare.

Nella valutazione complessiva, sono comprese anche le spese che la coppia effettuava durante la convivenza, a titolo esemplificativo si citano:

  • il pagamento del mutuo,
  • il pagamento del canone di locazione,
  • gli oneri condominiali,
  • l’assegno di mantenimento per ex coniuge o per figli di un precedente rapporto o matrimonio,
  • le spese per i minori,
  • le utenze e così via.

Pluris, CEDAM, UTET Giuridica, Leggi d’Italia, IPSOA  ti presentano One LEGALE: la nuova soluzione digitale per i professionisti del diritto con un motore di ricerca semplice ed intelligente, la giurisprudenza commentata con gli orientamenti (giurisprudenziali), la dottrina delle riviste ed i codici commentati costantemente aggiornati.

La giurisprudenza è costante nell’affermare che eventuali redditi non dichiarati, ad esempio derivanti dal lavoro in nero, devono concorrere alla quantificazione dell’assegno di mantenimento (Cass. 21047/2004; Cass. 9915/2007; Cass. 4312/2012). Infatti, il giudice, a seguito della contestazione della parte richiedente, può disporre i dovuti approfondimenti, comprese le indagini della polizia tributaria.

In sede di separazione, il giudice, in presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti, può decidere di assegnare la casa familiare al coniuge collocatario della prole. Naturalmente, questo comporta un vantaggio economico per il coniuge assegnatario del bene, giacché non deve pagare il canone locatizio, mentre costituisce uno svantaggio per il proprietario (o comproprietario) dell’immobile, il quale deve cercare un altro luogo ove vivere. Ebbene, nella quantificazione dell’assegno, o meglio nella regolazione dei rapporti economici tra le parti, il giudice deve considerare se la casa sia stata assegnata o meno al coniuge beneficiario del mantenimento (art. 337 sexies c.c.).

L’art. 156 c.c. fa riferimento all’adeguatezza dei redditi del coniuge economicamente più debole. In passato, la giurisprudenza aveva parametrato l’inadeguatezza al tenore di vita garantito in costanza di matrimonio. Ebbene, dopo il revirement delle Sezioni Unite (Cass. S.U. 18287/2018), si è ritenuto che la decisione assunta in tema di assegno divorzile possa applicarsi anche al mantenimento. Infatti, successivamente, i giudici di legittimità (Cass. Ord. 16405/2018; Cass. Ord. 26084/2019) hanno affermato che la funzione dell’assegno di mantenimento non consiste nel realizzare, anche dopo la separazione, il ripristino del tenore di vita goduto da entrambi i coniugi nel corso del rapporto, ma nell’assicurare un contributo che consenta al coniuge richiedente di raggiungere un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare.

Nel corso del giudizio di separazione giudiziale, durante il quale si discute dell’attribuzione dell’assegno di mantenimento, è di prammatica produrre la seguente documentazione:

  • la dichiarazione dei redditi dell’ultimo triennio,
  • documentazione attestante situazioni debitorie, come finanziamenti, mutui et cetera,
  • visure relative alle proprietà immobiliari.

Per completezza espositiva, si segnala che il giudice non è obbligato ad attenersi alla documentazione fiscale, come la dichiarazione dei redditi, in quanto si tratta di semplici dichiarazioni unilaterali di parte (Cass. 769/2018).

Non esiste un metodo matematico specifico per il calcolo dell’assegno. Spesso, nei vari tribunali, sono presenti dei protocolli o delle prassi che prevedono determinate modalità di calcolo.

In linea generale, uno dei vari metodi può essere il seguente.

Si calcola:

  • il reddito medio mensile netto del coniuge obbligato (ad esempio, il marito),
  • il valore locatizio mensile delle eventuali proprietà immobiliari di cui egli sia titolare, fatta esclusione della casa coniugale se assegnata all’altro coniuge (ad esempio, la moglie),
  • il valore locatizio mensile delle eventuali proprietà immobiliari di cui sia titolare la moglie, compresa la casa coniugale se a lei assegnata,
  • le eventuali spese del mutuo da detrarre dal reddito netto di chi le sborsa,
  • il numero di figli a carico del marito o della moglie.

Nel procedimento di separazione giudiziale, il giorno dell’udienza, il Presidente del Tribunale tenta la conciliazione tra i coniugi, qualora essa fallisca, le parti vengono autorizzate a vivere separate e viene fissato l’assegno con un provvedimento temporaneo e urgente (art. 708 c.p.c.). Al termine del procedimento, il Tribunale conferma, modifica o revoca il provvedimento presidenziale.

Riassumendo, l’assegno viene stabilito:

  • con provvedimento presidenziale, temporaneo e urgente (ex art. 708 c.p.c.),
  • con sentenza all’esito del giudizio di separazione.

L’assegno è dovuto dalla data della domanda (ossia dal deposito del ricorso):

  • in analogia con quanto previsto dall’art. 445 c.c. in tema di alimenti (in praeteritum non alitur),
  • in applicazione del principio per il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio ( 2960/2017).

Anche l’assegno stabilito in sede di revisione decorre dalla data della domanda.

Si segnala che, in tema di separazione personale, la riduzione dell’assegno di mantenimento, operata dal giudice di secondo grado rispetto a quella stabilita in primo grado, in favore del coniuge e dei figli, decorre dal momento della pronuncia giudiziale che ne modifica la misura, non essendo rimborsabile quanto percepito dal titolare del mantenimento (Cass. 15186/2015).

Il diritto al pagamento dell’assegno si prescrive in 5 anni. Si tratta, infatti, di una prestazione periodica da corrispondere in un termine inferiore ad un anno, ai sensi dell’art. 2948 n. 4 c.c.

I 5 anni decorrono dalle scadenze dei singoli pagamenti e non già dalla pronuncia della sentenza di separazione.

Non opera la sospensione della prescrizione tra coniugi (art. 2941 n. 1 c.c.) nel caso di assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione. Infatti, «non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza» (Cass. Ord. 32524/2018).

Purtroppo, capita spesso che il coniuge onerato dell’assegno sia inadempiente al proprio obbligo.

L’altro coniuge come può tutelarsi?

In estrema sintesi, il coniuge beneficiario ha le seguenti possibilità:

  • inviare di una lettera di messa in mora,
  • in caso di esito negativo, iniziare un’azione esecutiva, infatti, la sentenza di separazione contenente la condanna alla corresponsione dell’assegno costituisce titolo esecutivo, pertanto, è possibile notificare un atto di precetto a cui segue il pignoramento dei beni.

In alternativa:

  • è possibile chiedere il sequestro dei beni dell’obbligato (art. 156 c. 6 c.c.),
  • oppure rivolgersi al giudice affinché ordini al terzo, creditore del debitore – ad esempio, il datore di lavoro che è debitore dello stipendio – di versare la somma direttamente al coniuge beneficiario.

Preme segnalare che, ricorrendone i presupposti, la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento può integrare una fattispecie di reato, trattasi della “Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio” (art. 570 bis c.p.). La norma punisce il coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli. Le pene sono quelle indicate dall’art. 570 c.p., ossia la reclusione sino ad 1 anno e la multa da 103 euro a 1.032 euro.

L’assegno di mantenimento si rivaluta automaticamente con riferimento gli indici di svalutazione monetaria, considerando l’indice FOI, ossia l’indice di prezzi al consumo per le Famiglie di Operai e Impiegati pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. L’adeguamento avviene a partire dall’anno successivo a quello di decorrenza dell’assegno.

L’assegno di mantenimento, una volta ottenuto, non è immodificabile o irrevocabile. Infatti, a determinate condizioni, può esserne modificato l’importo (in aumento o diminuzione) oppure può essere revocato.

La revisione o revoca può avvenire:

  • su accordo dei coniugi,
  • o all’esito di una procedura giudiziale, qualora ricorrano giustificati motivi (art. 156 c. 7 c.c.).

Per giustificati motivi si intende la presenza di fatti nuovi e sopravvenuti rispetto alla sentenza che ha attribuito l’assegno di mantenimento. In linea generale, può trattarsi di miglioramenti o peggioramenti della situazione economica, oppure della convivenza del coniuge beneficiario dell’assegno o del coniuge obbligato. In ogni caso la revisione non è mai automatica ma va valutata caso per caso. Di seguito, una sintetica esemplificazione della casistica più ricorrente.

Le modifiche migliorative

I miglioramenti possono riguardare:

  • il coniuge obbligato; ad esempio, il coniuge onerato dell’assegno ottiene un aumento di stipendio. Quindi, il coniuge beneficiario, che riceve un assegno più basso del dovuto, può chiedere la revisione in aumento dell’assegno a causa della promozione sul lavoro del coniuge obbligato, che ha ottenuto uno scatto di stipendio;
  • il coniuge beneficiario, ad esempio, qualora l’avente diritto trovi un posto di lavoro a tempo indeterminato, il coniuge obbligato può chiedere la revisione al ribasso dell’assegno (o la sua revoca).

Le modifiche peggiorative

Le modifiche peggiorative possono riguardare:

  • il coniuge obbligato, ad esempio, ha perso il posto a tempo pieno e lavora solo part time, quindi, chiede la riduzione della misura dell’assegno per le mutate condizioni reddituali;
  • il coniuge beneficiario, ad esempio, qualora perda il lavoro, può chiedere di ottenere l’assegno di cui non era titolare o un aumento di quello già percepito.

Inizio della convivenza

L’inizio della convivenza può riguardare:

  • il coniuge obbligato, in tal caso, qualora con la creazione del nuovo nucleo familiare, sia arrivato anche un figlio, l’onerato può chiedere la riduzione del contributo;
  • il coniuge beneficiario, in tal caso, la creazione di un nuovo nucleo familiare potrebbe comportare la perdita del diritto all’assegno, a prescindere dal miglioramento della condizione economica derivante dalla nuova situazione familiare ( 32871/2018).

La norma processuale di riferimento è l’art. 710 c.p.c. e le regole procedurali sono quelle previste dall’art. 737 c.p.c. e seguenti.

Per accedere al procedimento di revisione dell’assegno è necessario che sia passata in giudicato:

  • la sentenza di separazione giudiziale,
  • oppure l’omologazione della separazione consensuale.

Il coniuge interessato alla modifica deve:

  • depositare un ricorso presso il tribunale competente,
  • notificare alla controparte il ricorso con il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza.

Il ricorso deve contenere la richiesta di:

  • modifica dell’assegno (in aumento se formulata dal coniuge beneficiario, in diminuzione se presentata dal coniuge obbligato),
  • revoca dell’assegno.

Inoltre, devono essere provare le circostanze nuove e sopravvenute che giustifichino tale richiesta.

È competente:

  • il tribunale del luogo in cui risiede il coniuge convenuto (art. 18 c.p.c.),
  • oppure ove l’obbligazione è sorta o deve eseguirsi (art. 20 c.p.c.).

Sul punto, sono intervenute le Sezioni Unite (Cass. S.U. 381/1991), secondo le quali, allorché si chieda una modifica delle condizioni economiche, relative alla prole, al coniuge, o all’assegnazione della casa coniugale, si applicano gli ordinari criteri di competenza per valore e territorio.

Durante il procedimento di modifica, il giudice può:

  • disporre indagini tramite la polizia tributaria, ad esempio, per verificare l’esistenza di redditi non dichiarati,
  • comminare sanzioni come quelle disposte dall’art. 709 terp.c. (ammonizione, risarcimento o sanzione amministrativa pecuniaria)

Il procedimento si conclude con un decreto motivato di accoglimento o rigetto, immediatamente esecutivo e costituente titolo per l’iscrizione di ipoteca.

Il provvedimento è soggetto a reclamo (art. 739 c.p.c.) entro 10 giorni.

L’assegno corrisposto periodicamente assume rilevanza fiscale per entrambi i coniugi:

  • coniuge obbligato: la somma corrisposta all’altra coniuge è deducibile dal reddito IRPEF (l’art. 10 lett. c) DPR 917/1986 dispone che “[…] si deducono […] gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria”)
  • coniuge beneficiario: la somma ricevuta dà diritto ad una detrazione d’imposta variabile a seconda del reddito e in base alla misura del reddito complessivo del beneficiario (art. 50 lett. i) DPR 917/1986)

Per completezza espositiva, occorre chiarire che, sotto il profilo fiscale, è necessario distinguere il contributo al mantenimento per il coniuge da quello versato per i figli.

La legge 208/2015 (legge di stabilità 2016) all’art. 1 commi 414-416 ha istituito un fondo di solidarietà a favore del coniuge:

  • in stato di bisogno,
  • che non riesce a provvedere al mantenimento proprio e dei figli minorenni, maggiorenni portatori di una grave disabilità, con lui conviventi,
  • che abbia il proprio valore dell’indicatore ISEE o dell’ISEE corrente in corso di validità inferiore o uguale a euro 3.000,00;
  • abbia infruttuosamente esperito le procedure di recupero del credito nei confronti del coniuge inadempiente.

La norma postula che il coniuge non abbia ricevuto il mantenimento a causa dell’inadempimento dell’obbligato. In tale circostanza è possibile procedere come segue:

  • si deposita un’istanza presso nella cancelleria del tribunale del luogo ove ha residenza,
  • si chiede l’anticipazione di una somma non superiore all’importo dell’assegno;
  • il presidente del tribunale, ritenuti sussistenti i presupposti di cui al periodo, assumendo, ove occorra, informazioni, nei trenta giorni successivi al deposito dell’istanza, ne valuta l’ammissibilità
  • il presidente del tribunale trasmette l’istanza al Ministero della giustizia ai fini della corresponsione della somma,
  • il Ministero della giustizia si rivale sul coniuge inadempiente per il recupero delle risorse erogate;
  • nel caso in cui la domanda venga ritenuta inammissibile per difetto dei presupposti, l’istanza viene rigettata con decreto non impugnabile.

Il su descritto procedimento non è soggetto al pagamento del contributo unificato.

Di seguito il link al sito ufficiale del Ministero della Giustizia per scaricare il modello di istanza.

È importare precisare che il Fondo è stato istituito in via sperimentale per gli anni 2016 e 2017, non più finanziato dal 2018.

  1. Documenti da allegare all’istanza

Sul sito del Ministero della Giustizia è previsto che, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza, il richiedente alleghi i seguenti documenti:

  • copia del documento di identità in corso di validità;
  • copia autentica del verbale di pignoramento mobiliare negativo,
  • oppure copia della dichiarazione negativa del terzo pignorato relativamente alle procedure esecutive promosse nei confronti del coniuge inadempiente;
  • visura rilasciata dalla conservatoria dei registri immobiliari delle province di nascita e residenza del coniuge inadempiente da cui risulta l’impossidenza di beni immobili;
  • l’originale del titolo che fonda il diritto all’assegno di mantenimento,
  • oppure copia del titolo munita di formula esecutiva rilasciata a norma dell’art. 476 c. 1 c.p.c.

Spesso si ritiene che assegno di mantenimento e di divorzio coincidano, ma non è così.

  • L’assegno di mantenimento viene attribuito all’esito di un procedimento di separazione, in cui il vincolo coniugale è solo attenuato, ma ancora esistente (art. 156 c.c.); è dovuto dal momento della domanda, ossia dal deposito del ricorso di separazione.
  • L’assegno di divorzio viene attribuito all’esito di un procedimento di divorzio, in cui il vincolo coniugale è definitivamente sciolto (art. 5 legge 898/1970); è dovuto dal passaggio in giudicato della sentenza ( Ord. 22108/2018), ma il giudice può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda (art. 4 c. 13 legge 898/1970).

 

Assegno di mantenimento

Alimenti di divorzio

Riferimento normativo

Art. 156 c.c.

Art. 5 legge 898/1970

Soggetto obbligato

Coniuge

Ex coniuge

Fattispecie

Giudizio di separazione

 

 

Giudizio di divorzio

Vincolo coniugale

Vincolo coniugale sospeso, ma esistente

Vincolo coniugale cessato

Funzione

Assistenziale

Perequativa

Assistenziale

Perequativo-compensativa

(Cass. S.U. 18287/2018)

Presupposti

Inadeguatezza dei redditi

 

Inadeguatezza dei mezzi

Impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive

Quantum debeatur

L’entità della somministrazione è determinata in relazione:

-alle circostanze

-ai redditi dell’obbligato

Contributo personale ed economico dato alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune

Reddito di entrambi

Durata del matrimonio

Modalità

Assegno mensile

Assegno mensile

Decorrenza

Dal momento della domanda

Dal passato in giudicato della sentenza (fatta salva la diversa decorrenza stabilita dal giudice)

Nel linguaggio comune, spesso si utilizzano le espressioni “mantenimento” e “alimenti” come sinonimi. Invece, giuridicamente, si tratta di due istituti distinti.

  • L’assegno di mantenimento (art. 156 c.c.) viene attribuito da un giudice a seguito di un procedimento di separazione, qualora il coniuge debole non abbia adeguati redditi propri e non gli sia stata addebitata al separazione. Il mantenimento, in questo caso, “assorbe” gli alimenti.
  • Gli alimenti o assegno alimentare (art. 433 c.c.) vengono corrisposti su ordine del giudice ad un soggetto che si trovi in stato di bisogno (cosiddetto alimentando) e sia incapace di provvedere al proprio sostentamento. Ne ha diritto anche al coniuge a cui sia stata addebitata la separazione. L’importo dell’assegno non può superare quanto sia necessario per la vita del soggetto bisognoso. Inoltre, il soggetto obbligato a versare gli alimenti può scegliere di accogliere il beneficiario nella propria abitazione, anziché corrispondergli l’assegno.

Di seguito, nella tabella, un’esemplificazione delle differenze

 

Assegno di mantenimento

Alimenti o assegno alimentare

Soggetti obbligati

Coniugi

Donatario (art. 437 c.c.)

Coniugi, figli, genitori, ascendenti, generi e nuore, suoceri, fratelli (art. 433 c.c.)

Conviventi di fatto (art. 1 c. 65 legge 76/2016)

Presupposti

Giudizio di separazione

Inadeguatezza dei redditi

Mancanza di addebito

Stato di bisogno

Incapacità di provvedere al proprio sostentamento

Anche in presenza di addebito (art. 156 c. 3 c.c.)

Misura

Determinata in relazione:

-alle circostanze

-ai redditi dell’obbligato

Il necessario per la vita (art. 438 c. 2 c.c.)

Modalità

Assegno mensile

Assegno oppure accoglienza presso la propria casa (art. 443 c. 1 c.c.)

Decorrenza

Dal giorno della domanda

Dal giorno della domanda giudiziale (art. 445 c.c.)

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Informativa sui diritti di autore

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.

Vuoi richiedere la rimozione dell’articolo?

Clicca qui

 

 

 

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

La rete #dessonews è un aggregatore di news e replica gli articoli senza fini di lucro ma con finalità di critica, discussione od insegnamento,

come previsto dall’art. 70 legge sul diritto d’autore e art. 41 della costituzione Italiana. Al termine di ciascun articolo è indicata la provenienza dell’articolo.

Il presente sito contiene link ad altri siti Internet, che non sono sotto il controllo di #adessonews; la pubblicazione dei suddetti link sul presente sito non comporta l’approvazione o l’avallo da parte di #adessonews dei relativi siti e dei loro contenuti; né implica alcuna forma di garanzia da parte di quest’ultima.

L’utente, quindi, riconosce che #adessonews non è responsabile, a titolo meramente esemplificativo, della veridicità, correttezza, completezza, del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e/o industriale, della legalità e/o di alcun altro aspetto dei suddetti siti Internet, né risponde della loro eventuale contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e/o comunque alla morale. #adessonews, pertanto, non si assume alcuna responsabilità per i link ad altri siti Internet e/o per i contenuti presenti sul sito e/o nei suddetti siti.

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui