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Bruxelles – La Commissione per ora evita la mano pesante sull’Italia. E nella “traiettoria di riferimento” indicata per tagliare il deficit e rientrare nei parametri del patto di stabilità (primo passo della procedura per deficit eccessivo), indica il minimo possibile: poco più dello 0,55 per cento di disavanzo ogni anno per i prossimi sette.

Si tratta però di un impegno comunque pesante per il nostro Paese. La cinghia dovrà essere stretta di almeno 12 miliardi annui. Va considerato che l’anno scorso il deficit ha superato il 7 per cento. L’esecutivo europeo, nel documento trasmesso al ministero dell’Economia e discusso anche nel corso dell’Ecofin in Lussemburgo, offre l’alternativa di raggiungere l’obiettivo del 3 per cento nel rapporto deficit-pil in quattro anni.

Ma a quel punto lo sforzo raddoppierebbe e l’orientamento del governo italiano è di non prendere in considerazione questa possibilità. La Francia, che pure è in procedura per deficit eccessivo, prevede di tornare nei parametri nel 2027. L’Italia formulerà le sue proposte entro il prossimo settembre.

La “traiettoria” suggerita da Bruxelles è espressa in spesa primaria (al netto degli interessi e delle misure non strutturali). Il traguardo indicato da palazzo Berlaymont è fissato su un aumento di spesa intorno allo 0,8 per cento. Obiettivo che, nelle previsioni del governo, sarà raggiunto nel 2025 (+0,9) ma non quest’anno che è sopra il 3 per cento.

Resta il fatto che la Commissione, anche in vista dei prossimi passaggi sull’elezione dei vertici istituzionali, ha fatto in modo di formulare un iter che non andasse oltre il requisito minimo. Da tenere presente che il taglio di 12 miliardi, a partire dal 2025, dovrà essere accompagnato dall’eventuale finanziamento di misure ulteriori: come la riduzione del cuneo fiscale che ha ricevuto risorse solo per un anno.

E in più, allo stato, Palazzo Berlaymont sembra non aver calcolato la “soglia tampone” voluta dalla Germania in occasione della riforma del Patto di Stabilità che dovrebbe portare il disavanzo strutturale sotto l’1,5 per cento. Insomma, le prossime manovre saranno a dir poco “contenitive” per la squadra meloniana.

In questo contesto l’Italia sembra voler utilizzare la ratifica del Mes, il cosiddetto fondo “Salva-Stati” riformato per intervenire in caso di crisi bancarie, come arma di difesa. Sia in relazione alle procedure di contrazione del deficit sia nella battaglia per le nomine europee dei “top jobs”. «Ho detto semplicemente – ha spiegato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti – che introdurre il tema della ratifica del Mes in questo momento mi sembrava un pò buttare il sale sulla ferita». Per poi aggiungere: «Il Parlamento non è nelle condizioni di approvarlo e non lo approva.

Diciamo che a breve non è possibile, a lungo dipende se cambia, se migliora, se cambia natura come abbiamo sempre chiesto». Roma vorrebbe cioè delle modifiche che nessun altro Paese è pronto a concedere. E il vicepremier leghista, Matteo Salvini, ha commentato: «Una follia europea».

 

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