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Intesa Sanpaolo ha raccolto l’invito del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ad allungare le rate dei mutui variabili. «Io credo che si possa fare, il problema non riguarda le banche ma le regole della Bce che devono rispettare», ha spiegato il presidente Gian Maria Gros-Pietro, al termine dell’esecutivo Abi che ha seguito l’assemblea dove anche il presidente Antonio Patuelli ha espresso la disponibilità. «In Abi il clima è favorevole. Tutto quello che si può fare per il Paese, i clienti e il governo lo facciamo». E per farlo, secondo il presidente, «non serve» uno specifico protocollo fra governo e istituti di credito.

Abi: «Pronti allungare rate tasso variabile»

La decisione di Intesa Sanpaolo è in linea con l’apertura dell’Abi: si possono allungare le durate dei mutui a tasso variabile per alleviare le difficoltà di famiglie ed imprese nel pagare le rate mensili, visto l’aumento dei tassi di interesse da parte della Bce. Una disponibilità che raccoglie così la sollecitazione lanciata in queste settimane anche dal governo e ribadita dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che durante l’assemblea dell’Abi ha ricordato come a febbraio scorso la Banca d’Italia abbia «invitato tutte le banche a valutare con estrema attenzione l’opportunità di rivedere le modifiche contrattuali a sfavore dei clienti che avessero precedentemente attuato», considerato che l’aumento dei tassi avviato lo scorso luglio dalla Bce.

Giorgetti: «Banche italiane in condizioni migliori rispetto al passato»

Il titolare del Mef oggi ha valutato l’azione della Bce «comprensibile», ma allo stesso tempo ha riconosciuto come sia «parimenti comprensibile la preoccupazione per gli effetti recessivi su di una economia Ue ancora sotto stress a causa della pandemia e del conflitto russo-ucraino». Per Giorgetti, poi, «malgrado i molteplici shock che si sono manifestati negli ultimi tre anni, le banche italiane si trovano in una condizione nettamente migliore rispetto a quella osservata in occasione di passati episodi di crisi». E questo ovviamente non può che aiutare la decisione di allungare i mutui. La situazione italiana è stata fotografata durante la stessa assemblea anche dal presidente dell’Abi, che ha ricordato come le banche italiane «mantengono quasi i due terzi dei mutui a tasso fisso, con numeri di raccolta in continuo aumento, su richiesta, possono allungare la durata dei mutui per chi è in regola con i pagamenti o realizzare surroghe». Secondo Patuelli, «le banche in Italia non hanno mai applicato tassi negativi sui depositi e remunerano crescentemente i risparmiatori con condizioni di mercato competitive anche con quelle offerte dagli Stati europei».

I pro e i contro dell’allungare la rata

Ma allungare la rata del mutuo conviene? A questa domanda ha provato a rispondere su Corriere Gino Pagliuca: ci sono pro e contro. Tra i pro c’è il minore importo mensile, anche in considerazione dell’inflazione che finisce per erodere la spesa reale. I contro sono, secondo Pagliuca, due: la spesa nominale complessiva sale molto e il debito si riduce meno. In pratica, se ipotizziamo un mutuo da 150 mila euro a 20 anni al 4% e uno a 30 al 3,8%, il mutuo a 20 anni costa 909 euro al mese, il trentennale 699; la spesa complessiva per il ventennale è di 218.153 euro, per il trentennale si sale a 251.617, con un aggravio di spesa di quasi 33.500 euro. Se si vuole estinguere dopo cinque anni, il ventennale ha un debito residuo di 122.886 euro, il trentennale di 135.228. In caso di estinzione dopo 10 anni, invece, il ventennale ha un debito residuo di 88.779 euro, il trentennale di 117.371. Insomma, alla fine bisogna sborsare quasi 28.600 euro in più.

Tre esempi

Pagliuca ha provato anche a fare tre esempi. Il primo riguarda un finanziamento a 25 anni da 200 mila euro partito all’1,61% 10 anni fa con una rata di 810 euro. Con l’Euribor al 4% il nuovo esborso mensile salirebbe a 1.192 euro. Lo stesso mutuo, però, partito nel 2018 al tasso dell’1,07% (ricordiamo che l’Euribor per quasi 5 anni ha avuto valore negativo) aveva una rata iniziale di 760 euro che oggi potrebbe arrivare a 1.284. Infine, il terzo esempio, il peggiore: un finanziamento sempre da 200 mila euro ma a trent’anni e partito solo due anni fa, al tasso dello 0,97%. La prima rata era di 705 euro, il rischio è di doverne pagare 1.401, praticamente il doppio.

 

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