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I contratti di borsa sono le fattispecie contrattuali attraverso cui si realizzano, fra intermediari autorizzati, negoziazione e scambio nei mercati regolamentati di strumenti finanziari ufficialmente quotati.


Contratti di borsa

di Antonella Matricardi


1. Nozione e fonti

Il codice civile non fornisce una definizione dei contratti di borsa la cui esistenza è solo presupposta dagli artt. 1536 e 1551, declinati alcuni aspetti previsti in via generale per figure negoziali affini a strumenti contrattuali non univocamente inquadrabili sotto il profilo giuridico, storicamente sottoposti, prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 58 del 24 febbraio 1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, con le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 164/2007), ai c.d. usi di borsa.

Ancora oggi la raccolta di tali comportamenti conformi, istituzionalizzati nella pratica degli affari borsistici non sono stati abrogati, permanendo in vigore, in quanto compatibili con le altre fonti normative e regolamentari.

Proprio per la peculiarità della materia e per la complessità dell’evoluzione normativa così delineatasi in particolare negli ultimi vent’anni, è opportuno premettere qualche cenno su ciò che è oggetto di negoziazione e di scambio e sulle dinamiche che precedono i momenti della contrattazione vera e propria.

2. Prodotti e strumenti finanziari

Oggetto dei contratti di borsa sono dunque gli strumenti finanziari, ricompresi nell’ampia tipologia dei prodotti finanziari.

Tecnicamente questi ultimi sono definiti dall’art. 1, comma 1, lett. u, cit. T.u.f. come “gli strumenti finanziari e ogni forma d’investimento di natura finanziaria”, (esclusi i depositi bancari a vista e a tempo e i depositi postali), ossia forme d’impiego del risparmio effettuate in vista di un ritorno economico, da raccordarsi con i “valori mobiliari” e gli “strumenti finanziari”, che in particolare sono costituiti da azioni, obbligazioni, altri titoli di debito, titoli di Stato, quote di fondi comuni di investimento, strumenti finanziari derivati, ecc. I valori mobiliari infine, sottocategoria degli strumenti finanziari, possono essere negoziati sul mercato dei capitali, in quanto trasferibili e liquidabili.[1] 

Giuridicamente un prodotto finanziario, dato da un titolo di credito (o di debito) dematerializzato, è equiparato a un bene mobile, suscettibile di essere oggetto di diritti circolanti nel mercato e contemplanti l’intera situazione giuridica con gli obblighi collegati.

La tassativa elencazione indicata dal T.u.f. non consente di contemplare altre categorie, poichè solo il Ministero dell’economia e delle finanze con regolamento adottato, sentite la Banca d’Italia e la Consob, può individuare nuove categorie di strumenti finanziari, di servizi e attività d’investimento, in sintonia con l’evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di adattamento stabilite dalle autorità comunitarie (art. 18, comma 5, T.u.f.).

Dunque l’evoluzione delle pratiche finanziarie nell’utilizzo di titoli di credito, nella loro forma di strumenti finanziari, ha condotto all’emissione di titoli in serie (cd. di massa) il cui trasferimento è  facilitato da semplici operazioni di registrazioni contabili per via telematica, grazie proprio alla loro fungibilità (i vari titoli che compongono un’emissione sono uguali fra loro), alla loro dematerializzazione e alle caratteristiche di negoziabilità/liquidità, in particolare diretta a creare immediata monetizzazione del valore intrinseco del diritto mediante cessione del titolo sul mercato.

2. 1. Emissione e collocamento nel mercato

Nei mercati regolamentati l’emissione e collocamento di titoli è riservata ad intermediari finanziari abilitati alla prestazione di servizi d’investimento, quindi società d’intermediazione finanziaria (SIM), banche e banche d’affari (per i mercati  non regolamentati valgono le regole poste dall’ente gestore); altrettanto alle banche e alle SIM è consentita la successiva fase di circolazione del titolo dematerializzato (incoporante una posizione contrattuale) con la negoziazione in conto proprio e per conto terzi nell’accattivante scenario dell’attuale sistema d’informatizzazione, introdotto al posto delle famose contrattazioni cd. “alle grida” in cui gli agenti di borsa, altrettanto in maniera accattivante ma alquanto rumorosa, dovevano pronunciare i prezzi ad alta voce per esigenze di trasparenza del mercato.

Le fasi dell’emissione e del collocamento sono molto importanti poichè contribuiscono alla regolarità delle contrattazioni, evidente nel passaggio della circolazione del titolo tra mercato primario e secondario.

In pratica il soggetto emittente decide per motivi anche semplicemente speculativi o di finanziamento di creare titoli di credito (o di debito) dematerializzati, poi proponendoli ai futuri portatori con un’offerta pubblica di acquisto. L’emissione, ossia la collocazione di una posizione giuridica contrattuale nuova, avviene sul mercato primario (o ristretto) in cui l’investitore cd. istituzionale viene invitato alla sottoscrizione del titolo stesso. Solo successivamente, quando il suo primo prezzo viene quotato, il titolo entra nel mercato secondario e può essere ceduto al pubblico dei risparmiatori.

Non di rado la vendita di alcuni prodotti finanziari interessa i singoli risparmiatori con contrattazione privata o diretta, come nel caso delle obbligazioni emesse dalle banche e vendute ai propri clienti in un vero e proprio conflitto di interessi: manca difatti la fase del collocamento sul mercato di capitali attraverso un intermediario il cui ruolo è assunto dal cliente, pur non avendo sollecitato (come avrebbe fatto un investitore abilitato) quel tipo d’investimento. Ai sensi della Comunicazione Consob DAL/RM/96002282 del 13 marzo 1996 se la banca emette obbligazioni dovrebbe astenersi, come intermediario, dal sollecitare l’investimento da parte dei propri clienti. Anche secondo il reg. Consob n. 11522/1999 e succ. integrazioni (in attuazione del T.u.f.), per legittimare una tale operazione dovrebbe perlomeno descrivere dettagliatamente ai propri clienti i possibili rischi, primo fra tutti quello del ritiro improvviso del titolo, previsto in tutti i regolamenti di emissione e raramente a conoscenza del sottoscrittore non istituzionale.

Infine per quanto riguarda gli ambiti tipici d’azione il mercato dei capitali in generale è il luogo in cui s’incontrano i flussi della domanda e dell’offerta dei prodotti finanziari. Così mentre i mercati non regolamentati, non autorizzati dalla Consob e creati da singoli intermediari (ad esempio le banche), sono disciplinati al Capo II del Titolo I del T.u.f., gli scambi organizzati, soggetti a parametri di trasparenza e sicurezza, sono soggetti, in base alla comunicazione Consob, n. 98097747 del 24 dicembre 1998, ad “un insieme di regole e di strutture, anche automatizzate, che consente in via continuativa e periodica di raccogliere e diffondere proposte di negoziazione di strumenti finanziari per dare loro esecuzione secondo le modalità previste dal sistema”.

In Europa il mercato dei capitali si distingue primariamente in mercato diretto (in cui due soggetti, ad esempio banca e cliente, si scambiano direttamente il prodotto finanziario) e mercato aperto (che a sua volta, si distingue in monetario, finanziario e mercato dei cambi) in cui regole standardizzate disciplinano gli scambi secondo condizioni e prezzi pubblicizzati senza singole contrattazioni. Questa rapida schematizzazione del sistema è solo teorica, considerando che tali strumenti possono comunque essere negoziati in comparti non rigidamente riconducibili alle distinzioni indicate e che vi sono strumenti finanziari riferibili alle posizioni contrattuali più eterogenee.

3. Negoziazione degli strumenti finanziari: il contratto quadro

L’attività negoziale diretta allo scambio di strumenti finanziari rappresenta in realtà l’ultima fase di un iter giuridico articolato e  complesso che corrisponde all’operatività di borsa.[2]

L’esito cui si perviene infatti è preceduto da tre momenti contrattuali collegati fra loro che sono il contratto d’investimento, l’ordine e il contratto di borsa.

Partendo dal primo, è individuabile in “quell’accordo normativo o programmatico la cui causa consiste nel regolare in via preventiva una indefinita serie di negozi – a cui tuttavia potrebbe anche non seguire operazione d’investimento –  e con cui l’intermediario pone la sua organizzazione di impresa a disposizione del cliente.[3]

Per l’art. 23, comma 1, citato T.u.f. tali contratti sono redatti per iscritto, in conformità a quanto previsto dagli atti delegati della direttiva 2014/65/UE e un esemplare è consegnato ai clienti, salvo facoltà di deroga consentita alla Consob, per la previsione con regolamento di altra forma applicabile a particolari tipi di contratto, qualora motivate ragioni o la natura professionale dei contraenti lo richieda.

La previsione della forma scritta a pena di nullità appare in sintonia con la figura del contratto quadro che regolamenta le successive condotte delle parti[4], preventivamente concordanti un regolamento contrattuale al quale conformare la conclusione di futuri (e soltanto eventuali) atti giuridici[5]; in altri termini modalità e contenuti economici del servizio erogato dall’intermediario.  

Nel definire la natura giuridica di tale negozio l’orientamento prevalente, anche avallato dalle  Sezioni Unite della Cassazione[6],  ha individuato nella figura del mandato quella più affine, precisando altresì che le successive operazioni sono compiute dall’intermediario per conto del cliente in attuazione del contratto quadro, essenziale rispetto agli ordini, pertanto privi di autonoma causa negoziale.

Tuttavia, pur concordando su un plausibile grado di indeterminatezza del mandato, dottrina[7] e altre interpretazioni della giurisprudenza di merito[8] hanno evidenziato che il regolamento inizialmente predisposto per i futuri e solo potenziali rapporti tra le parti, può essere integrato da istruzioni impartite dal mandante, quindi determinato integralmente da manifestazioni autonome di volontà del cliente, potendo anche rimanere privo di ordini successivi.

Del resto con l’entrata in vigore del citato T.u.f. la specifica condotta imposta all’intermediario dall’art. 23 supera la diligenza del mandatario richiesta dalla previgente disciplina (art. 13, L. 1/1991), emergendo e affermandosi la tesi opposta a quella che intravedeva negli ordini di borsa meri atti esecutivi,[9] avendo gli stessi ad oggetto la prestazioni di servizi di investimento, quindi autonomo valore negoziale per il quale dovrebbe essere esteso l’obbligo di forma scritta ad substantiam previsto dal citato art. 23 T.u.f.

In tale ottica il contratto quadro assume con maggiore chiarezza la natura giuridica di contratto normativo a effetti obbligatori che anticipa la fase successiva della stipulazione degli ordini di acquisto,[10] dotati ognuno di una propria causa negoziale ma collegati funzionalmente all’accordo iniziale.[11]

3.1. L’ordine di borsa

In realtà l’art. 23 T.u.f. precisa gli obblighi di forma del contratto quadro lasciando, insieme alla normativa regolamentare Consob, imprecisato se debbano essere estesi anche agli ordini di borsa la cui forma sembra debba essere rimessa all’autonomia delle parti, essendo strumentale la forma scritta prevalentemente alla tutela del contraente debole, al fine di garantirgli, fin nel contratto normativo, la dettagliata conoscenza delle future attività di investimento.

Sembrerebbe che, come strumento concretamente volto ad esprimere la volontà dell’investitore con l’indicazione del titolo da negoziare e degli elementi essenziali del prezzo e della quantità, anche in assenza di un accordo preliminare l’ordine di borsa possa essere valido e usufruire dei rimedi in genere previsti da un contratto quadro a tutela del contraente debole.

In particolare in merito all’obbligo di forma scritta per il contratto quadro, alla libertà di forme prevista per gli ordini di investimento e alle conseguenze possibili in caso che l’accordo iniziale sia nullo, è corretto fornire alcune precisazioni.

Se è vero che i singoli investimenti, conclusi in esecuzione dell’accordo quadro, possono perfezionarsi validamente senza vincoli di forma, anche verbalmente e che l’obbligo di forma scritta è previsto solo per il contratto normativo [12], è altrettanto evidente che la nullità di un accordo iniziale nullo per difetto di forma trascina con sè anche il singolo ordine eseguito, con il diritto del cliente a ottenere la ripetizione di quanto corrisposto per l’investimento invalido.

In alcuni casi (ad esempio per i contratti in strumenti finanziari derivati) le parti possono inizialmente pattuire una forma determinata anche per i singoli ordini al fine “di assicurare una maggiore ponderazione da parte dell’investitore, di garantire all’operatore la serietà di quell’ordine e di permettergli una più agevole prova della richiesta ricevuta ” [13]. In tal caso la mancanza della forma prevista determina l’invalidità degli atti ex art.1352, finalizzato l’obbligo assunto convenzionalmente a tutelare anche l’intermediario e non solo l’investitore (in base all’art. 23, T.u.f.)[14]. Ne deriva che la banca, ricorrendo tale ipotesi, può contestare la nullità dell’investimento e rifiutarne l’esecuzione[15].

4. Tipologie dei contratti di borsa

La fase della negoziazione si conclude, in caso di esito positivo, con la stipulazione del contratto di borsa giuridicamente identificabile generalmente nello schema della compravendita che, in relazione al momento della liquidazione, si distingue in due categorie: contratti a pronti o a contanti e contratti a termine. I primi vanno eseguiti contestualmente o massimo entro tre giorni dalla stipulazione secondo gli usi, mentre i secondi prevedono un’esecuzione differita nel tempo[16].

Nell’ambito dei contratti a termine, oltre alla vendita a termine, altra figura ricorrente è quella del riporto.

4.1. Vendita a termine di titoli di credito (le negoziazioni a termine)

L’art. 1531 regola lo schema classico del corrispondente contratto di borsa, espressamente disciplinato all’art. 1536, prevedendo che nella vendita a termine di titoli di credito, gli interessi e i dividendi esigibili dopo la conclusione del contratto e prima della scadenza del termine, se riscossi dal venditore, sono accreditati al compratore (comma 1). Qualora la vendita abbia ad oggetto titoli azionari, il diritto di voto spetta al venditore fino al momento della consegna (comma 2).

In pratica il venditore s’impegna a trasferire titoli di una certa specie e quantità al compratore alla fine del mese corrente o del mese successivo, mentre il compratore s’impegna a pagare alla scadenza così fissata il prezzo corrente alla data del contratto, determinandosi, in caso di aumento del prezzo di mercato fino alla scadenza, un guadagno per il compratore; viceversa sarà il venditore a guadagnarci se tale parametro sarà diminuito.

Nella pratica di borsa le parti non eseguono il contratto secondo la sua causa tipica con la consegna dei titoli e il pagamento del prezzo, ma con la liquidazione della differenza, ossia di una somma a favore del venditore o del compratore a seconda dei casi. Quella che potrebbe sembrare una scommessa sull’andamento dei prezzi non esplica la funzione tipica dell’istituto della scommessa di cui all’art. 1933, restando le parti libere di chiedere alla scadenza la consegna dei titoli e il pagamento del prezzo.

In ultima analisi con la vendita a termine i contraenti non intendono nella maggior parte dei casi operare un trasferimento della proprietà dei titoli, ma versare la differenza del prezzo secondo la quotazione del giorno della scadenza rispetto a quello del giorno della conclusione. In caso di diminuzione la differenza sarà versata dall’acquirente, diversamente in caso di aumento dal venditore, senza alcun effettivo trasferimento di proprietà, trattandosi di contratto consensuale. Pertanto, anche in corso di contratto, l’acquirente che non aveva intenzione di acquistare può rivendere e così l’alienante può riacquistare il titolo sul mercato, perchè fondamentalmente interesse delle parti sta nel pagamento o nel risparmio della differenza tra prezzo fissato alla conclusione del contratto e prezzo ottenuto alla scadenza.

I contratti di borsa a termine possono essere conclusi con copertura o allo scoperto: per la prima ipotesi è richiesto il deposito dei titoli assistito da una copertura in denaro, mentre per la seconda, esclusa ogni forma di garanzia, il contraente

 può benissimo agire con l’intento di voler speculare su rialzi e ribassi dei titoli (tanto che prassi diffusa tra gli agenti di cambio era quella di richiedere una preventiva cauzione per eseguire l’ordine del cliente) con gli intuibili riverberi di frequenti e azzardate speculazioni sull’intero sistema.

Infine i contratti a termine possono esser conclusi a mercato fermo (se le parti si obbligano a eseguirli come pattuito) o a mercato libero con i contratti a premio che possono distinguersi in:

– il contratto dont con il quale il compratore si riserva la facoltà di recedere, corrispondendo il premio pattuito, pagando sia il premio che il prezzo se sceglierà di eseguirlo (contratto put se è il venditore a riservarsi la facoltà di recesso);

– il contratto stellage in cui uno dei contraenti si riserva di assumere alla scadenza del contratto il ruolo di compratore o venditore, a seconda di una possibile speculazione sul rialzo o ribasso dei titoli negoziati, scegliendo, ad esempio, di vendere e realizzando la differenza, se alla scadenza la quotazione dei titoli è aumentata rispetto a quanto pattuito.

4.2. Il riporto

Il riporto è il contratto per il quale il riportato trasferisce in proprietà al riportatore titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo e il riportatore assume l’obbligo di trasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito, la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso il rimborso del prezzo, che può essere aumentato o diminuito nella misura convenuta (art. 1548).

In pratica un soggetto trasferisce un certo numero di titoli per una determinata somma ad un altro soggetto che s’impegna contrattualmente a retrocedere ad una scadenza prestabilita titoli nella stessa quantità e genere, potendo ricevere in pagamento un altro prezzo più alto (riporto propriamente detto) o più basso (deporto) del primo.

E’ così configurabile una sorta di prestito in denaro garantito da titoli con un costo che è dato dalla differenza tra il prezzo a termine e quello a pronti, alternativo all’anticipazione bancaria su titoli o al mutuo su pegno irregolare. Rispetto a tali figure tuttavia nel riporto la banca non può chiedere un supplemento di garanzia in caso di diminuzione di valore dei titoli sul mercato, nè può il riportato rientrare in ogni momento nella disponibilità dei titoli restituendo parzialmente o per intero il denaro ricevuto[17]; inoltre il riporto è sempre di natura reale e in caso di inadempimento si applicano le norme sull’esecuzione forzata nella vendita ex art. 1551.[18]

E’ sicuramente uno strumento che permette di ottenere liquidità per il soggetto che ne è sprovvisto mediante la cessione di titoli di credito dei quali non vuole perdere definitivamente la titolarità che riacquisterà (della medesima specie di quelli ceduti), restituendo alla prima scadenza il denaro ricevuto.

Dal riporto comune (o di banca) va distinto il riporto di borsa con il quale le parti operano la vendita e la ricompera dei titoli con il rimborso finale del prezzo, per avvalersi di un andamento favorevole del valore dei titoli al termine della riconsegna.

Nella pratica borsistica il contratto ha sempre funzione speculativa per entrambe le parti: il riportato confida nella possibilità che al termine stabilito nel contratto i titoli abbiano una maggiore quotazione sul mercato per un futuro riacquisto dei titoli a un prezzo inferiore rispetto a quello corrente, mentre il riportatore ha interesse a che i titoli acquistati vedano un ribasso della loro quotazione, in modo che potrà acquistare a un prezzo inferiore i titoli da ritrasferire al riportato.

Nel caso di riporto di borsa e d’inadempimento di una delle parti, l’altra può agire per l’esecuzione coattiva con le forme della liquidazione coattiva di borsa (art. 1551, comma 1), mentre all’inadempimento di entrambe segue la cessazione degli effetti del contratto e ciascuna parte ritiene ciò che ha ricevuto al tempo della sua stipulazione (art. 1551, comma 2).

Rispetto alla fattispecie ordinaria lo scambio dei titoli avviene attraverso un intermediario e successivamente alla stipula, secondo le dinamiche tipiche di un mercato telematizzato quale quello attuale in cui la conclusione del contratto può avvenire con i mezzi telematici con la fissazione della liquidazione a un giorno predeterminato. I titoli vengono scambiati per mezzo di scritturazioni contabili senza che se ne abbia la materiale disponibilità, perchè mai emessi in forma cartacea. Dunque le differenze con il riporto comune, contratto reale che si perfeziona con la consegna dei titoli (art. 1549), sono così ancora più evidenti: il riporto di borsa è un contratto consensuale che si perfeziona senza la consegna dei titoli, a effetti reali e non obbligatori, poichè la registrazione contabile non esprime effetto traslativo, configurando una diversa fisionomia che converge nella definizione di contratto innominato consensuale.[19]

Più precisamente l’unica manifestazione del consenso a confermare la struttura unitaria della fattispecie è espressa al momento della consegna dei titoli; il relativo trasferimento successivo costituisce l’adempimento dell’obbligazione sorta dall’originario contratto. I due scambi non vanno considerati separatamente, vista l’unità strutturale e funzionale del complesso rapporto.[20]

Il riporto può avere ad oggetto titoli di credito in senso stretto o titoli di legittimazione a essi assimilabili con esclusione di accordi riguardanti un oggetto indeterminato nell’ottica dell’obbligo di restituire alla scadenza titoli dello stesso genere di quelli ricevuti.

In caso d’inadempimento l’art. 1551 richiama l’applicazione degli artt. 1515 e 1516 sull’esecuzione coattiva per la vendita di cose mobili (ma anche i normali mezzi contro l’inadempimento) e le leggi speciali per i contratti di borsa, in particolare l’art. 72 T.u.f.

BIBLIOGRAFIA

BERSANI G., La responsabilità egli intermediari finanziari, UTET Giuridica, pag. 153 e ss.

CAPARVI R., Il mercato mobiliare italiano, Strutture e tendenze evolutive (a cura di), FrancoAngeli s.r.l., Milano, 2003.

CASTIGLIONI M.,, La nullità del contratto quadro per difetto della forma scritta e degli ordini di investimento e dei contratti in strumenti finanziari derivati per inosservanza della forma convenzionalmente stabilita, in Magistra, Banca e Finanza – www.magistra.it – ISSN: 2039-7410, anno 2017. COCCHI F., Il carattere negoziale degli ordini di borsa, rapporti con il contratto di intermediazione mobiliare e loro autonomia, 2012, in “FiloDiritto”, https://filodiritto.com

D’AMBROSIO M., Del riporto (commento di), Dei singoli contratti, a cura di Daniela Valentino, artt. 1548-1654, 2011, UTET GIURIDICA.

DURANTE F., Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Giuffrè, Milano, 2009, pag. 42.

FERRI G., Anticipazione bancaria, in Enc. Dir., II, Milano, 1958, 523 ss.

GAZZONI F., Manuale di diritto privato, CEDAM.

RAGUSA-MAGGIORE, in D’AMBROSIO M., Del riporto (commento di), Dei singoli contratti, a cura di Daniela Valentino, artt. 1548-1654, 2011, UTET GIURIDICA.


[2] CAPARVI R., Il mercato mobiliare italiano, Strutture e tendenze evolutive (a cura di), FrancoAngeli s.r.l., Milano, 2003.

[3] Tribunale di Milano sentenza del 21.02.12, in www.ilcaso.it, Sez. I, Doc. 7076/2012.

[4] Tribunale di Ferrara sentenza del 28.01.2010, in www.ilcaso.it, Sez. I, Doc. 2051/2010.

[5] DURANTE F., Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Giuffrè, Milano, 2009, pag. 42.

[6] Cass. Civ., S.U. n. 26724/2007.

[7] BERSANI G., La responsabilità egli intermediari finanziari, UTET Giuridica, pag. 153 e ss.

[8] Tribunale di Venezia, sentenza del 30.05.2007 in www.ilcaso.it, Sez.I, Doc. 606/07.

[10] Tribunale di Novara sentenza del 23.06.2011 n. 519, in www.ilcaso.it, Sez. I, Doc. 6171/2011.

[11] COCCHI F., Il carattere negoziale degli ordini di borsa, rapporti con il contratto di intermediazione mobiliare e loro autonomia, 2012, in “FiloDiritto”, https://filodiritto.com

[12] Cass. Civ., sez. I, sent. n.  7283 del 22-03-2013; Cass. civ. sez. I, sent. n.  28432 del 22-12-2011.

[13] Cass. civ., sez. I, sent. n. 16053 02-08-2016; Cass. civ., sez. I, sent. n. 3950  del 29-02-2016.

[14] CASTIGLIONI M.,, La nullità del contratto quadro per difetto della forma scritta e degli ordini di investimento e dei contratti in strumenti finanziari derivati per inosservanza della forma convenzionalmente stabilita, in Magistra, Banca e Finanza – www.magistra.it – ISSN: 2039-7410, anno 2017.

[15] Cass. civ. sez. I, sent. n. 16053 del 02-08-2016.

[16] GAZZONI F., Manuale diritto privato, CEDAM.

[17] FERRI G., Anticipazione bancaria, in Enc. Dir., II, Milano, 1958, 523 ss.

[18] RAGUSA-MAGGIORE, in D’AMBROSIO M., Del riporto (commento di), Dei singoli contratti, a cura di Daniela Valentino, artt. 1548-1654, 2011, UTET GIURIDICA.

[19] D’AMBROSIO M., op. cit.

[20] CASS. CIV., 10 febbraio 1994, n. 1346, in Fallimento, 1994, 589 ss.

 

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