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L’unico Paese a non aver approvato la riforma è l’Italia. Si tratta della riforma del cosiddetto Fondo salva-Stati, il Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) – o European Stability Mechanism, ESM -, un’istituzione intergovernativa. A osteggiare il via libera alla riforma Fratelli d’Italia e Lega, due forze della maggioranza. Forza Italia invece è favorevole. La proposta interviene sui compiti del Mes e sulle condizioni per la concessione di assistenza finanziaria, una riforma divisa in tre parti.

All’inizio fu la “crisi dei debiti sovrani” scatenata dalla crisi finanziaria esplosa tra il 2008 e il 2009. Crisi che in Europa mise in ginocchio Grecia, Cipro, Irlanda e Portogallo. Il Mes venne creato per concedere assistenza a paesi membri dell’Unione che avrebbero incontrato difficoltà a finanziarsi sul mercato. A condizioni precise. Le condizionalità variano a seconda degli strumenti di assistenza. Il Meccanismo Europeo di Stabilità venne istituito nel 2012 tramite un trattato intergovernativo.

L’istituzione ha sede in Lussemburgo e non è sottoposta alla legislazione dell’Unione Europea ma a quella internazionale, creata in sostituzione del Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf), istituito in maniera temporanea per soccorrere Grecia, Irlanda e Portogallo. Ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi di euro di cui 80,5 versati. La sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi. Ogni Paese ha sottoscritto una propria quota, versando un contributo. L’Italia ha sottoscritto il capitale del Mes per 125,3 miliardi di euro, versandone oltre 14.

I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza. Il Mes è guidato dal Consiglio dei Governatori composto dai 19 ministri delle Finanze dell’area euro che prende all’unanimità tutte le principali decisioni. C’è poi un Consiglio dei Direttori, i cui membri vengono scelti tra i ministri, e un direttore generale che presiede il Consiglio dei Direttori. Del Mes fanno parte in qualità di osservatori il presidente della Banca Centrale Europea e il commissario europei agli Affari Economici.

Il Mes può offrire assistenza tramite la concessione di prestiti, ricapitalizzazione, acquisto di titoli sul mercato e apertura di linee di credito precauzionali. Ogni intervento è di solito accompagnato da promesse di riforme economiche e fiscali da parte dei Paesi richiedenti: si chiama “cash-for-reform”. Quando si accede agli aiuti la politica economica nazionale è posta sotto la supervisione dell’organizzazione e di altre istituzioni internazionali come l’Fmi, la Bce e la Commissione Europea: la cosiddetta Troika.

L’accesso alle linee di credito avviene tramite la Precautionary Conditioned Credit Line (Pccl) e la Enhanced Conditions Credit Line (Eccl). La prima per i Paesi considerati virtuosi, la seconda per quelli che non riescono a rispettare tutte le condizioni necessarie per accedere alla Pccl e che quindi devono mettere in atto politiche mirate a migliorare il bilancio nazionale. E in questo caso si parla di austerity e spending review. Quando è stato utilizzato, il Mes, è stato aspramente criticato proprio per i netti tagli alla spesa pubblica e gli incrementi della pressione fiscale. A causa della pandemia da covid-19 il Mes ha garantito una linea di credito da 240 miliardi di euro per sostenere spese sanitarie dirette e indirette dell’emergenza degli Stati. Nei casi di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dell’Eurozona Il Mes può operare a maggioranza qualificata (85% del capitale) dietro la richiesta di decisioni urgenti da parte di Commissione Europea e Banca Centrale Europea.

La riforma pensata a seguito della pandemia è articolata principalmente in tre parti che intervengono su governance e compiti del Mes nell’assistenza finanziaria ai paesi membri, con un ampliamento dei compiti del direttore generale; sulle condizioni per concedere l’assistenza finanziaria che contemplano una stretta per la Pccl e una valutazione della sostenibilità del debito; sulle garanzie degli interventi del Fondi di risoluzione unico. Si chiama “backstop” una delle principali novità della riforma: una specie di paracadute per il Fondo di risoluzione unico (SRF) che potrebbe prevenire e contenere i rischi di contagio connessi con eventuali crisi bancarie. Il coinvolgimento dei privati nella ristrutturazione del debito resterebbe circoscritta a casi eccezionali.

Banca d’Italia ha dedicato sul suo sito ufficiale un lungo approfondimento con tanto di Faq in cui si legge che la riforma “precisa, rendendoli più stringenti, i criteri attualmente in vigore per l’accesso alla PCCL”, che “non accresce i poteri del MES ma prevede un suo ruolo attivo nella gestione delle crisi e nel processo che conduce all’erogazione dell’assistenza finanziaria, così come nel successivo monitoraggio”, che non è vero che l’Italia dovrà versare al MES ulteriori fondi.

 

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