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Il minore può essere provvisoriamente affidato a parenti, altre famiglie, persone single o a comunità familiari in caso di gravi situazioni del nucleo familiare d’origine, non in grado di dargli ciò di cui ha bisogno. Si tratta pur sempre di una soluzione temporanea, al termine della quale il minore, in genere, fa ritorno nel suo nucleo natìo.

Non tutti sanno cos’è l’affidamento temporaneo del minore. Cerchiamo qui di dare una spiegazione pratica e concreta.

Quando la famiglia biologica non è in grado di provvedere alla crescita ed educazione del figlio minore, in quanto versi in condizioni socio-economiche sfavorevoli, oppure per motivi di ordine psico-fisico, questi può essere

affidato ad altri parenti, a soggetti esterni alla famiglia (preferibilmente con altrettanti figli minori) o a comunità familiari. Si tratta di misure di sostegno per i genitori in difficoltà che non riescano temporaneamente a dare cura e assistenza morale e materiale ai propri figli [1].

La particolarità di queste forme di affidamento risiede nella provvisorietà, nella finalità assistenziale e nel diritto del minore a mantenere rapporti con la famiglia d’origine per farvi ritorno, se le condizioni lo permettano.

Preminente è che il soggetto affidatario sia in grado di assicurare il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui il minore ha bisogno [2].

L’affidamento temporaneo del minore ha una durata massima di 24 mesi ma è possibile una proroga, anche ripetuta, quando le difficoltà della famiglia d’origine, pur se temporanee, permangono. La proroga è decisa dal Tribunale dei Minorenni, il quale deve verificare che la prosecuzione dell’affidamento realizzi l’interesse del minore.

Avvio del procedimento di affidamento temporaneo del minore

Il procedimento di affidamento temporaneo può avere inizio in due diversi modi:

– quando interviene un accordo tra la famiglia di origine ed i servizi sociali, il quale deve essere successivamente reso esecutivo dal giudice tutelare;

– quando l’iniziativa promana direttamente dal Giudice Tutelare: quest’ultimo segnala ai Comuni le situazioni di indigenza familiari, cosicché i competenti servizi territoriali possano attivarsi.

L’affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale con un provvedimento reso esecutivo dal giudice tutelare, previo consenso dei genitori che esercitano la responsabilità genitoriale o del tutore e sentito il minore che abbia compito i dodici anni, oppure di età inferiore in base alla sua capacità di discernimento.

In caso di mancanza del consenso da parte dei genitori o del tutore, provvede il Tribunale per i minorenni stesso.

Nel provvedimento devono essere indicati i motivi ed i tempi presumibili di durata dell’affidamento, i modi di esercizio dei poteri dell’affidatario, nonché il programma di assistenza e recupero della famiglia di origine. Deve, altresì, essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento, tenendo costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, con relazioni periodiche semestrali.

La responsabilità che sorge in capo all’affidatario integra quella dei genitori, sicché dovrà provvedere al mantenimento, all’educazione ed istruzione del minore, rispettando le prescrizioni dell’autorità affidante e dei genitori, in modo da mantenere un rapporto sereno, volto al rientro del minore nel suo nucleo natìo.

Di fatto, l’affidatario o la famiglia collocataria devono essere convocati, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, affidamento e adottabilità.

Al termine dei 24 mesi, la stessa autorità che ha disposto l’affidamento, dopo aver valutato l’interesse del minore ed il dissolversi della situazione di crisi del nucleo familiare di origine, con altro provvedimento ne dispone la conclusione.

Per contro, al permanere del disagio, può essere lo stesso servizio sociale locale a segnalare l’opportunità di richiedere la proroga, la quale viene avanzata dal pubblico ministero nel contraddittorio tra le parti.

Tipologie di affidamento temporaneo del minore

Esistono cinque possibili forme di affidamento temporaneo. Le analizzeremo nel dettaglio qui di seguito.

Affidamento residenziale a parenti entro il quarto grado

Esso può attuarsi in casi di gravi difficoltà nella cura e dell’educazione da parte del nucleo familiare d’origine oppure per improvvise situazioni di emergenza (per esempio ricoveri ospedalieri e irreperibilità dei genitori). Il minore viene affidato a parenti entro il quarto grado (coppie o singole persone).

Il giudice di merito, che deve valutare l’adeguatezza di un familiare ad essere affidatario temporaneo, deve valorizzare anche il contributo che le figure vicarianti inter-familiari, come i

nonni, possono dare al mantenimento del rapporto con la famiglia di origine [3].

Affidamento residenziale a terzi

Esso prevede l’assegnazione temporanea di un minore a soggetti con i quali non ha rapporti di parentela, e in particolare a:

  • una famiglia con o senza figli;
  • una coppia di fatto, con o senza figli, che abbia una convivenza stabile;
  • un single (anche vedovo o separato).

Il bambino viene accolto presso la propria casa, con l’impegno di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno e che la famiglia d’origine non è in grado di dargli.
Ogni affidatario può tenere non più di due minori, salvo eccezioni particolari (il caso tipico è quello dei fratelli che è opportuno rimangano insieme). In ogni caso non possono essere presenti nel nucleo più di sei minori compresi i figli della coppia.

Affidamento familiare di bimbi piccoli (0-24 mesi)

Esso serve a fornire al neonato o bimbo piccolo cura e affetto in un normale contesto familiare.

Le famiglie affidatarie disponibili ad accogliere un bimbo piccolo devono avere una particolare competenza ad affrontare una situazione delicata, con la consapevolezza della sua transitorietà. Gli affidatari devono quindi essere in grado di accogliere il bambino, ma anche di abituarlo al

distacco una volta terminato il periodo di assegnazione.

Affidamento a comunità familiari

È una forma di affidamento “estesa” per l’accoglienza di minori in gravi difficoltà personali e familiari. Le comunità di tipo familiare si distinguono dagli istituti di assistenza per la loro organizzazione analoga a quella di una famiglia numerosa. Vi è la presenza stabile di una coppia affidataria che ospita fino a un determinato numero di bambini, oltre ai propri eventuali figli.

Accolgono sempre i minori di 6 anni per i quali non è prevista la permanenza in istituto.

Le regioni definiscono gli standard minimi dei servizi e dell’assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e verificano il rispetto degli stessi.

Affidamento agli istituti di assistenza pubblici o privati

Questa forma di affidamento è, per legge [4], superata dall’affidamento a una famiglia e, ove ciò non sia possibile, dall’inserimento in una comunità familiare caratterizzata da organizzazione e rapporti interpersonali tipici di una famiglia.

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