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Meno case popolari assegnate alle famiglie torinesi. Nel 2023 lo stock di alloggi sociali che hanno visto assegnazioni si attestano a quota 346, in calo di 109 unità rispetto al 2022. Solo nel 2020, in piena pandemia, è andata peggio: 258. La fotografia è dell’Osservatorio sulla condizione abitativa della Città di Torino. Che registra anche un calo di immobili gestiti dall’Agenzia Territoriale per la Casa messi a disposizione: appena 325, mai così pochi da 15 anni a questa parte, a fronte di una media storica di circa 500. Sullo sfondo, però, le richieste bussano forte alla porta. In città l’ultimo bando per assegnare le case popolari ha raccolto 7.368 domande, cresciute dell’8,5% da quello del 2018. In graduatoria ne sono state selezionate 1.763, quelle con il punteggio più alto. Il resto è tagliato fuori. Dall’ultima rilevazione di Atc sono 6.600 le persone in attesa di un tetto nell’area metropolitana. Ancora in stand-by anche 150 dei 1.052 beneficiari del bando di 5 anni fa.


Un’altra novità del bando del 2023 è il fatto che il 49,2% dei richiedenti è di origine extracomunitaria e, per la prima volta, superano gli italiani. Sintomo di un tessuto cittadino che cambia, la cui popolazione è cresciuta dello 0,33% (6.752 famiglie in più rispetto al 2022), ma alle prese con un disagio abitativo. Quasi 2.500 famiglie richiedenti vivono un disagio considerato «urgente». In 2.356 «molto grave».

Difficile che facciano leva sul privato, soprattutto in ragione della risalita del prezzo medio dei canoni di locazione del 3,66% dal 2022 al 2023. Tuffarsi nel pubblico, però, significa fronteggiare una carenza di offerta.

Ci sono 17.705 alloggi di edilizia sociale sul territorio cittadino. Due su tre sono sotto la gestione di Atc, talvolta alle prese con occupazioni abusive o proteste per malfunzionamenti. Oltre al fatto che il 68% di queste abitazioni è stato costruito prima del 1981, un’altra grana è che l’8% degli oltre 17mila alloggi pubblici è sfitto. Di questi, il 16% li sta riqualificando proprio Atc. Oltre al bando generale, ci sono situazioni in cui l’accesso alle case popolari avviene tramite il canale comunale dell’emergenza abitativa. Sono 770 le domande recapitate agli uffici, di cui il 63% dei casi dopo uno sfratto per morosità e il 15% per finita locazione. Riguardo agli sfratti per morosità, anche il mercato dei privati vede cifre interessanti: l’anno scorso ce ne sono stati 1.215 sui 1.380 procedimenti di sfratto avviati dal Tribunale di Torino.

Insomma, il quadro è ingarbugliato. E trova poche sponde nella politica nazionale visti i mancati rifinanziamenti del fondo per il contributo affitto e quello per la morosità incolpevole. Secondo l’assessore comunale alle Politiche Sociali, Jacopo Rosatelli, i dati evidenziano «una crescente richiesta di abitazioni con affitti calmierati da parte, ad esempio, di famiglie numerose, stranieri e pensionati. Nonostante le numerose misure in campo della Città, l’offerta non riesce ancora a soddisfare interamente la domanda. Troppo basso anche il numero di appartamenti messi a disposizione dall’Atc». Per il responsabile provinciale del Sindacato degli Inquilini, Antonio Nicosia, qualcosa non torna. In particolare stima «una sussistenza di 78mila locali pubblici e privati sfitti in città, dato che sempre più spesso sono messi a disposizione ai turisti con affitti brevi o agli studenti». Mentre sulle graduatorie dei bandi per le case popolari sostiene che «chiunque vi rientri attende in media 6 anni prima di vedersi assegnato un appartamento»

 

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