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La dichiarazione della cedente può concorrere comprovare la cessione, in assenza di contestazione circa l’esistenza del contratto. #finsubito prestito immediato


La Corte Suprema di Cassazione ha ribadito il principio[1] (già ripetutamente affermato da Cass. 2017/n. 31118; Cass. 2019/n. 15884; Cass. 2020/n. 20495; Cass. 2021/n. 10200) per cui la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la disciplina di cui all’art. 58 TUB, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale. Detta prova, non essendo la cessione subordinata a particolari requisiti di forma a pena di invalidità, non necessariamente deve essere fornita attraverso la produzione del contratto di cessione; difatti «la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla G.U. che rechi l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorché gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze, restando devoluta al giudice di merito la valutazione dell’idoneità asseverativa del suddetto avviso»; «…sicché, ove i crediti ceduti sono individuati, oltre che per titolo (capitale, interessi, spese, danni, etc.), in base all’origine entro una certa data ed alla possibilità di qualificare i relativi rapporti come sofferenze in conformità alle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, il giudice di merito ha il dovere di verificare se, avuto riguardo alla natura del credito, alla data di origine dello stesso e alle altre caratteristiche del rapporto, quali emergono delle prove raccolte in giudizio, la pretesa azionata rientri tra quelle trasferite alla cessionaria o sia al contrario annoverabile tra i crediti esclusi dalla cessione»[2].

Nella fattispecie, ove l’opponente non ha mai contestato l’esistenza del contratto di cessione in blocco (esistenza che è indubitabile, vista l’iscrizione effettuatane nel registro delle imprese, giusta visura camerale di in atti), ma solo l’inclusione del credito de quo nel perimetro dell’anzidetta cessione, sussiste idonea dimostrazione agli atti dell’attuale titolarità del credito in capo alla cessionaria avendo l’opposta prodotto non solo l’avviso di cessione pubblicato in G.U. (contenente specifiche indicazioni dei criteri oggettivi e temporali di individuazione, cui risponde con certezza il credito azionato, nascente da finanziamento ipotecario stipulato da soggetto privato che, alla data di cut off del 1/06/2020, era già classificato quantomeno come inadempienza probabile, giusta lettera di diffida e recesso inviata da in data 22/05/2020), ma anche la dichiarazione di cessione rilasciata dalla banca cedente, che, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità[3], «(…) al pari della disponibilità del titolo esecutivo, costituisce un elemento documentale rilevante, potenzialmente decisivo e come tale ammissibile anche in grado d’appello, al fine di dimostrare l’avvenuta cessione del credito in massa» (anche nella giurisprudenza di merito si è infatti osservato che tale dichiarazione rappresenta una prova liquida che conferma la titolarità della posizione soggettiva azionata dalla cessionaria, non avendo a cedente alcun interesse a rendere una dichiarazione a sé contraria). Detta dichiarazione riscontra con esattezza l’avvenuta cessione della posizione debitoria con numero identificativo che trova precisa e puntuale rispondenza numerica nel rapporto di mutuo indicato con lo stesso numero nella lettera di diffida.

*****

Il Tribunale foggiano si disallinea rispetto alla nota sentenza della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione n. 12007/2024, nella quale è stato affermato il principio cui «l’accordo negoziale col quale una banca concede una somma a mutuo effettivamente erogandola al mutuatario, ma convenendo al tempo stesso che tale somma sia immediatamente ed integralmente restituita alla mutuante, con l’intesa che essa sarà svincolata in favore del mutuatario solo al verificarsi di determinate condizioni, ancorché idoneo a perfezionare un contratto reale di mutuo, non consente di ritenere che dal negozio stipulato tra le parti risulti una obbligazione attuale, in capo al mutuatario, di restituzione della predetta somma (immediatamente rientrata nel patrimonio della mutuante), in quanto tale obbligo sorge, per esplicita volontà delle parti stesse, solo nel momento in cui l’importo erogato è successivamente svincolato ed entrato nel patrimonio del soggetto finanziato; conseguentemente, si deve escludere che un siffatto contratto costituisca, di per sé solo, titolo esecutivo contro il mutuatario, essendo necessario a tal fine un ulteriore atto, necessariamente consacrato nelle forme richieste dall’art. 474 c.p.c. (atto pubblico o scrittura privata autenticata), attestante l’effettivo svincolo della somma già mutuata (e ritrasferita alla mutuante) in favore della parte mutuataria, sorgendo in capo a quest’ultima, solo da tale momento, l’obbligazione di restituzione di detto importo».

Senza soluzione di continuità con alcuni precedenti pronunciamenti, espressisi in altri casi analoghi, il giudice pugliese ritiene non convincente, né, tantomeno, condivisibile, il principio riportato nella misura in cui omette di considerare, in ordine alla affermata natura “condizionata” del mutuo, che la restituzione delle somme mutuate non è affatto subordinata allo svincolo del deposito cauzionale, derivando l’obbligazione restitutoria posta a carico del mutuatario dal solo rilascio della quietanza liberatoria, nella fattispecie contenuta nello stesso atto pubblico di mutuo.

In altri termini, la previsione di indisponibilità temporanea della somma mutuata non condiziona, né differisce l’effettiva erogazione e restituzione dell’importo erogato, posto che la costituzione in pegno e/o in deposito cauzionale infruttifero non esclude, ma, anzi, presuppone necessariamente che detto importo sia già entrato nella giuridica disponibilità del soggetto finanziato che, con proprio atto dispositivo, crea un autonomo titolo di disponibilità in favore della mutuante. Alla luce di tanto, va dunque affermata la piena validità del mutuo azionato quale titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c.

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[1] Cfr. Cass. n. 4277/2023.

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[2] Cfr. Cass. n. 21821/2023.

[3] Cfr. Cass. n. 10200/2021.



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