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Hanno già firmato con Cdp in cinque: la Dea Capital del gruppo De Agostini, il cui presidente emerito è Marco Drago, con il suo fondo Flexible Capital; l’Anthilia nel cui board siede Alessandro Decio e in capo per il 15% al Banco Desio, di cui Decio è ceo. Così come Pillarstone, Muzinich e il fondo Equor, guidato e cofondato da Francesco Rigamonti, ex Deutsche Bank e Morgan Grenfell. La illimity sgr di Corrado Passera conta di farlo a breve mentre Green Arrow si prepara con l’Antares di Stefano Romiti al fianco. Comincia a muoversi il Fondo nazionale ristrutturazione imprese (Fnri), la terza gamba del Patrimonio Rilancio, lo strumento del ministero del Tesoro gestito dalla Cassa depositi e prestiti guidata dal ceo Dario Scannapieco e presieduta da Giovanni Gorno Tempini per le imprese da rilanciare. Fnri è all’attenzione del ministero dell’Economia che ne sta monitorando l’attività.

In dotazione fino a 1,5 miliardi (che possono raddoppiare)

Riservato alla ristrutturazione delle aziende sopra i 50 milioni di ricavi, in crisi ma con prospettive di recupero, Fnri è stato istituito nel 2020, è operativo dal 2021 e ha iniziato la selezione dei partner nel gennaio 2022. Ha in dotazione uno-1,5 miliardi — di cui già approvati circa 500 milioni per i cinque coinvestimenti — che possono raddoppiare per il meccanismo d’investimento: 49% del capitale da Cdp, 51% dal fondo partner che lavora in modo indipendente con strumenti di equity, quasi equity o debito d’impresa. Il piano di ristrutturazione va attestato da un esperto indipendente, accreditato da Cdp. Una ventina, finora, le manifestazioni d’interesse, almeno cinque in istruttoria tra cui illimity sgr, Green Arrow-Antares e 4R.

Il modello pubblico-privato

Il bacino a cui Fnri si rivolge è quello delle aziende colpite dalla crisi, in particolare dal Covid e dal rincaro delle materie prime in questo periodo, per ricapitalizzarle e rilanciarle con nuove strategie e nuovi manager. È visto dai fondi come un modello positivo di collaborazione pubblico-privato che può portare risorse all’economia reale e salvare posti di lavoro. «Una risposta istituzionale alla crisi, con logica di mercato», sottolinea un operatore che definisce i partner di Cdp «fondi di trasformazione» e gli interventi «necessari per evitare che l’azienda scivoli in una crisi conclamata e consolidata».

Un bacino di almeno mille imprese

Fra le imprese ritenute interessanti c’è per esempio Trussardi, ma tutti i settori vengono considerati. C’è chi stima che siano almeno mille le imprese, con difficoltà di accesso al credito, deputate a ricevere l’investimento, ma il numero può salire se si considerano i problemi che possono manifestarsi nel rimborso dei prestiti agevolati ottenuti con le garanzie pubbliche. La speranza, emersa anche al convegno milanese di Intesa Sanpaolo sul tema, il 28 marzo in piazza Belgioioso, è che partecipino alla raccolta anche le casse previdenziali e i fondi pensione, oltre a fondazioni, banche e assicurazioni.

Ritorno previsto del 15-20%

L’obiettivo minimo iniziale è di 100 milioni per poi salire a 200: se Cassa mette il 49%, serve che i partner contribuiscano con almeno 102 milioni a testa. La raccolta è dunque in corso e secondo i protagonisti l’obiettivo è raggiungibile. Il ritorno annuo lordo (Irr) stimato è del 15-20%, a seconda del tipo di investimento, contro il 20-25% medio dei fondi di private equity, per una durata fino a dieci anni. Al netto dei possibili insuccessi.

Le mosse di Dea Capital

Dea Capital è stata la prima a ottenere l’autorizzazione da Cdp. Entrerà nelle imprese da ristrutturare, con il meccanismo del Patrimonio Rilancio, attraverso il fondo Flexible Capital, costituito lo scorso settembre all’interno della famiglia Dea Capital Alternative Funds guidata dal ceo Gianandrea Perco. Il fondo ha un obiettivo di raccolta di 300 milioni entro la metà del 2024 e ha già fatto il primo closing a 100 milioni (di cui 49 da Cdp). Sta guardando a diverse imprese che rispettino i criteri di Patrimonio Rilancio (50 milioni di ricavi e indebitamento finanziario oltre quattro volte il margine operativo lordo o due volte il patrimonio netto, «caratterizzate da adeguate prospettive di redditività», dice il decreto) e conta di investire entro l’estate.

Il closing di Anthilia, la raccolta di Equor

Anche Anthilia ha fatto il primo closing da 100 milioni con contributo importante del Banco Desio, primo socio dopo Cdp, mentre la Equor di Francesco Rigamonti è in fase di raccolta. Nata nel 2021 proprio per lavorare su Patrimonio Rilancio, la società indipendente milanese ha una squadra di sei professionisti, specializzati in ristrutturazioni e investimenti, e un obiettivo di raccolta di 250 milioni. Guarda ad aziende fra i 50 e i 200 milioni di ricavi e prevede di concludere un primo investimento entro settembre per poi arrivare a una dozzina nel complesso.

L’istruttoria di Passera

In fase d’istruttoria c’è la illimity sgr che fa capo alla banca fondata e guidata dal ceo Corrado Passera, specializzata nel credito alle imprese. Conta di fare il primo closing da 100 milioni entro fine anno e ha l’obiettivo di investire in circa 15 imprese. «Con la crescita dei tassi molto veloce il numero di aziende che avranno bisogno di assistenza è vasto — dice Passera, che ha partecipato al convegno Aifi-Deloitte del 5 aprile dove si è sottolineato l’anno record per gli investimenti di private debt —. C’è necessità di credito per le imprese e questo problema può acuirsi quando arriverà il momento del rimborso dei 250 miliardi di prestiti con garanzia pubblica».

Il nuovo codice delle crisi d’impresa

Tra i motivi di fiducia nel decollo del mercato delle ristrutturazioni c’è il varo del nuovo codice della crisi d’impresa, nel 2022, in recepimento della direttiva Ue Insolvency, che consente alle aziende di anticipare lo stato di crisi, evitando che si aggravi; e c’è la maggior prassi di cessione da parte degli istituti di credito degli Utp, i crediti in insolvenza potenziale: le banche diventano così possibili interlocutori per i fondi di turnaround.

 

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