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Co.Ge.fa finisce nella black list dell’Antimafia: rischio tracollo #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


La stretta dell’Antimafia colpisce la Co.Ge.fa, gigante dei grandi cantieri e delle infrastrutture autostradali, coinvolta da qualche mese in un’inchiesta della Dda di Torino (Echidna) che ha rivelato infiltrazioni della ‘ndrangheta nei lavori di manutenzione dell’autostrada A32 Torino-Bardonecchia.

Il documento della Prefettura, elaborato da un gruppo investigativo interforze, evidenzia legami tra la società e ambienti della criminalità organizzata calabrese, riportando relazioni storiche e recenti con figure della malavita comune e mafiosa.

Il punto centrale delle indagini riguarda la famiglia Fantini. Il fondatore della Co.Ge.fa, Teresio Fantini soprannominato “Il Generale” e deceduto 18 anni fa, è stato collegato da fonti investigative a Giuseppe Pasqua, soggetto «ben introdotto negli ambienti ‘ndranghetisti» della zona di Brandizzo e condannato per omicidio nel 1982.

Pasqua è ora indagato per associazione mafiosa. Non solo Teresio, ma anche i figli Roberto e Massimo risultano connessi ad altri personaggi discussi come Antonio Esposito, noto come “Tonino”, condannato per associazione a delinquere con finalità di usura, e vicino a Rocco Lo Presti, ex boss della Valsusa.

Nei documenti emerge che Esposito, insieme a un socio, ha ottenuto contratti di guardiania per i cantieri della sua cooperativa, la “Dyana”. Altri dettagli rilevanti riguardano i rapporti della famiglia Fantini con Gian Carlo Bellavia, attualmente agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa, coinvolto anch’esso nell’operazione “Echidna”.

Un ruolo centrale nelle indagini lo ha anche Roberto Fantini, figlio di Teresio, considerato vicino alla famiglia Pasqua. Il gip annota: «Roberto aveva un rapporto privilegiato con Giuseppe Pasqua». Inoltre, gli investigatori hanno individuato almeno quattro società legate alla famiglia Fantini (Cogefa, Trama srl, azienda agricola “La Teresina” e consorzio Edilmaco) che hanno avuto relazioni commerciali con aziende considerate “controindicate”, alcune delle quali escluse dalla white list della Prefettura. Dal 2019, queste società hanno stipulato contratti per circa 450 mila euro.

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In seguito alla notizia, la Co.Ge.fa ha annunciato di voler impugnare il provvedimento della Prefettura presso il Tar per difendere la propria reputazione e tutelare i suoi 400 dipendenti e 1200 collaboratori impiegati nei vari appalti, cercando di garantire la continuità delle attività aziendali. L’azienda, oltre agli appalti diretti, è coinvolta in diversi consorzi, tra cui quelli relativi ai lavori del col di Tenda e del Moncenisio.

Ma cos’è Co.Ge.fa?

Un’azienda leader nel settore delle grandi costruzioni, con un volume d’affari superiore ai 214 milioni di euro nel 2023. Tra le opere di maggior rilievo figurano i lavori complementari al traforo ferroviario della Torino-Lione, il nuovo tunnel del Colle di Tenda e la riqualificazione dell’autostrada Torino-Milano. La società è anche parte del raggruppamento incaricato di costruire un impianto per il riutilizzo del materiale di scavo del traforo ferroviario a Torrazza Piemonte, con un valore dell’intervento di oltre 648 milioni di euro.

Le partecipazioni della Co.Ge.fa superano i 6 milioni di euro e si estendono anche al tunnel del Colle di Tenda, un progetto segnato da problemi strutturali, inchieste giudiziarie e l’alluvione del 2020. La Co.Ge.fa, tramite il consorzio Edilmaco, ha rilevato l’appalto per il completamento dei lavori insieme alla Mattioda Spa. Non mancano però le difficoltà: l’alluvione ha causato danni così rilevanti da influenzare persino il bilancio della società. Tra le altre partecipazioni di pregio, vi è la costruzione di immobili di lusso tramite la società Alfa Batiment Sarl nel Principato di Monaco e, a Torino, il palazzo Bernini.

Per la cronaca Ll’interdittiva antimafia è un provvedimento cautelare adottato dal Prefetto ai sensi del “Codice antimafia” (Dlgs 159/2011), che ha l’obiettivo di prevenire i rapporti tra la Pubblica Amministrazione e società legate, direttamente o indirettamente, alla criminalità organizzata. Questo strumento si attiva in presenza di sospetti fondati di infiltrazioni mafiose e comporta l’esclusione dell’impresa colpita da finanziamenti, contributi e mutui agevolati, oltre all’impossibilità di partecipare a gare pubbliche o di ricevere commesse statali.

1973-1987

Siamo agli inizi degli anni settanta quando dopo 15 anni di esperienza come dirigente Teresio Fantini crea la COGEFA. L’impresa avvia la propria attività eseguendo lavori di manutenzione in ambito autostradale e  in pochi anni diventa una realtà solida. Risalgono a questo periodo i primi interventi significativi eseguiti per conto della ATM, Azienda di Mobilità dei Trasporti, nonché alcuni interventi di rifacimento del manto stradale di importanti arterie di Torino. La seconda metà degli anni ottanta vede la Società affacciarsi ad appalti di dimensioni più importanti con difficoltà esecutiva maggiore. COGEFA continua a crescere e contemporaneamente arriva l’importante passaggio da impresa di Manutenzione ad impresa di Costruzione.

Alla fine degli anni ottanta arriva la svolta. Pur continuando la sua attività di impresa di manutenzione, la COGEFA si consolida con l’acquisizione di importanti commesse in ambito autostradale e di grandi opere di infrastrutturazione per conto di ANAS. Questi progetti fanno volare il fatturato, che si attesta sui 35 milioni di Euro e sancisce l’ingresso della Società fra le medie imprese italiane. Il raggio d’azione continua però a concentrarsi nell’ambito della Regione Piemonte; questo permette a COGEFA di mantenere un’immagine di attività strettamente legata al territorio, con 350 unità di personale impiegato direttamente. Dal 2000 al 2008  CO.GE.FA. è impegnala nella costruzione di alcuni importanti lotti della tratta ferroviaria dell’Alta Velocità Torino-Milano e la realizzazione delle opere propedeutiche allo svolgimento delle Olimpiadi Invernali del 2006.

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L’inchiesta Echidna, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Torino, si è rivelata uno dei più ampi interventi contro la criminalità organizzata in Piemonte, concentrandosi principalmente sull’infiltrazione della ‘ndrangheta nel settore degli appalti pubblici e delle infrastrutture. Questa operazione ha fatto emergere un sistema complesso e pervasivo in cui la criminalità calabrese si è consolidata come attore principale in importanti commesse pubbliche, specialmente nell’edilizia, attraverso un intricato intreccio di connivenze tra imprenditori, politici e criminali.

Al centro dell’inchiesta vi sono figure di imprenditori legati alla criminalità organizzata, tra cui Giuseppe Pasqua, ritenuto un esponente di spicco della ‘ndrangheta in Piemonte. Pasqua è coinvolto in numerose operazioni di grande rilievo, come la manutenzione dell’autostrada A32 Torino-Bardonecchia, e risulta essere uno dei principali indagati per associazione mafiosa. I

l suo nome è associato non solo a infiltrazioni nel settore degli appalti pubblici, ma anche ad attività criminali più gravi, tra cui omicidio ed estorsioni. L’inchiesta ha evidenziato come la ‘ndrangheta abbia costruito un vero e proprio sistema di controllo sugli appalti, utilizzando aziende locali come schermo per assicurarsi commesse milionarie. Tra queste, emerge la Co.Ge.Fa, un colosso delle infrastrutture autostradali che, secondo gli inquirenti, avrebbe facilitato l’accesso delle cosche ai cantieri attraverso rapporti privilegiati con personaggi chiave della criminalità organizzata. Gli investigatori hanno individuato almeno quattro società legate alla famiglia Fantini, proprietaria della Co.Ge.Fa, che avrebbero intrattenuto rapporti commerciali con imprese considerate vicine alla ‘ndrangheta.

Uno degli aspetti più preoccupanti messi in luce dall’inchiesta riguarda i legami tra la ‘ndrangheta e la politica locale. Gli investigatori hanno documentato rapporti tra Giuseppe Pasqua e uomini vicini alle Istituzioni che a loro volta avevano contatti con esponenti della corrente Gallo o di “Sasà” del Partito Democratico. Questi legami hanno permesso alla mafia di ottenere protezione politica e facilitazioni nell’aggiudicazione degli appalti pubblici. In cambio, la ‘ndrangheta avrebbe garantito sostegno elettorale e favori economici. Questo intreccio tra politica e criminalità organizzata rappresenta uno dei punti chiave dell’inchiesta, dimostrando come la mafia non si limiti a infiltrarsi nei settori economici, ma cerchi anche di influenzare il processo decisionale.

Le intercettazioni raccolte dagli investigatori hanno fatto luce su una fitta rete di contatti tra imprenditori, politici e mafiosi.

Le conversazioni intercettate hanno rivelato come gli esponenti politici coinvolti abbiano offerto agevolazioni alle imprese legate alla criminalità organizzata in cambio di favori personali o appoggio elettorale. Questo sistema ha permesso alla ‘ndrangheta di inserirsi nei settori strategici dell’economia piemontese, soprattutto nell’ambito delle infrastrutture.

Le modalità operative della ‘ndrangheta, svelate dall’inchiesta Echidna, si basano su un controllo indiretto degli appalti pubblici. Le cosche si sarebbero servite di una rete di aziende formalmente pulite, ma in realtà gestite o influenzate dalla mafia.

In questo modo, la ‘ndrangheta sarebbe riuscita a inserirsi nel mercato legale, mantenendo un profilo basso ma esercitando un potere economico rilevante.

L’operazione Echidna, avviata nel 2023, ha portato all’arresto di numerosi imprenditori e affiliati mafiosi, con l’esecuzione di misure cautelari per associazione mafiosa, corruzione e turbativa d’asta. Oltre a Giuseppe Pasqua, uno dei principali indagati, l’inchiesta si è concentrata su altre figure di rilievo, tra cui Antonio Esposito, noto come “Tonino”, condannato per usura e strettamente legato ai boss Rocco Lo Presti e Luciano Ursino, due dei principali esponenti della ‘ndrangheta in Piemonte. Gli investigatori hanno anche posto l’attenzione sulla famiglia Fantini, titolare della Co.Ge.Fa, che secondo gli inquirenti avrebbe giocato un ruolo determinante nell’apertura dei cantieri pubblici alla criminalità organizzata.

L’inchiesta ha avuto conseguenze rilevanti non solo a livello giudiziario, ma anche politico. I legami tra criminalità organizzata e politica locale hanno sollevato preoccupazioni significative sull’integrità delle istituzioni piemontesi.

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