Dighe, ordinata gestione dell’acqua e presenza degli agricoltori (montagna compresa) sono fondamentali per tutelare il nostro territorio, unitamente alla tecnologia che permette un più razionale utilizzo delle risorse idriche che sono basilari per le coltivazioni di pregio (comprese quelle indispensabili per la zootecnia da latte) per le quali è famosa la nostra provincia. Conclusioni chiare ed inequivocabili quelle scaturite dal organizzato a Castell’Arquato nella suggestiva sala di Palazzo Podestà per celebrare i 90 anni della diga di Mignano inaugurata nel 1934, presidio storico ed imprescindibile della difesa del territorio e che, come ha ricordato il sindaco Ivano Rocchetta, «ne ha permesso anche la crescita, oltre che la difesa». Non a caso ha ricordato la tragica alluvione del 14 settembre 2015 quando, nella notte tra domenica e lunedì, una bomba d’acqua devastò Valnure, Valtrebbia, Valdaveto e la frazione cittadina di Roncaglia, ma non la Valdarda grazie alla diga che salì di 9 metri in una notte salvando il territorio circostante.
Obiettivo del convegno promosso dal Consorzio di Bonifica presieduto da Luigi Bisi, è stato appunto quello di ricordare i 90 anni di una diga del nostro territorio (con quella di Mignano), che ha anche valenza idropotabile (serve infatti 35mila utenze dell’acquedotto di Valdarda) ed indicare i progetti futuri a partire dall’analisi dei problemi attuali.
Dunque le dighe come presidio dei territori, tante che ne servirebbe una per ogni vallata e, in ogni caso, altre tipologie di invasi per contenere le acque ed evitare che si disperdano poi dai fiumi al mare, anche con l’ausilio di tutte le nuove tecnologie per il risparmio idrico, compresa l’indispensabile presenza degli agricoltori senza i quali il bosco incolto e le sterpaglie, prendono il sopravvento. Dopo il saluto del prefetto Paolo Ponta («un’ordinata gestione dell’acqua previene le cause dei cambiamenti climatici ma deve essere il frutto di una sinergia di attori istituzionali e privati»), ha preso la parola Paolo Sckokai, direttore di Economia alimentare all’Università Cattolica che ha ricordato come l’agricoltura piacentina «comporti circa un miliardo di euro, compresi l’indotto (pomodoro) ed il foraggio per gli animali (zootecnia da latte). Aumentano esponenzialmente – ha ricordato Sckokai- i pozzi privati. Si continua a scavare perché c’è bisogno di acqua, ma si intacca la falda e quindi è ovvio che le dighe servano, puntando su un loro uso multifunzionale, compreso quello energetico, governando meglio il territorio, con il supporto degli agricoltori».
Marco Trevisan, preside della Facoltà di scienze agrarie dell’Università Cattolica, ha ricordato che «solo poco più del 2 per cento dell’acqua è dolce e quindi utile per la vita dell’uomo e delle colture; quando piove (soprattutto a carattere di rovesci, causa i cambiamenti climatici), l’acqua se non viene trattenuta, procurerà disastri a valle e poi finisce al mare e quindi servirebbe una diga per ogni corso d’acqua, con un’attenta manutenzione per ogni reticolo di canali; gli investimenti (come la decarbonizzazione) sono utili non tanto per i cambiamenti climatici in atto già da 50 anni, quanto per attenuarne le conseguenze, governando meglio il territorio tramite gli agricoltori, incentivando ricerca e tecnologia e per fare in modo che le opere impattino in modo razionale» citando a questo proposito, anche per l’ottimo inserimento estetico, la cascata delle Marmore (che è artificiale), la diga del Bilancino, fino agli acquedotti romani, anche loro opera dell’uomo che da sempre muta l’ambiente. «Insomma, – ha concluso – progettazioni razionali, ben equilibrate con il contesto, senza preclusioni di carattere ideologico».
Il presidente del Consorzio Bisi ha evidenziato in particolare la situazione della Valnure «l’unica valle senza una diga. Abbiamo speso 94 milioni di euro per montagna e pianura e per ammodernare il sistema di irrigazione. Sul Nure non abbiamo potuto spendere un centesimo perché non abbiamo la possibilità di accedere agli interventi, visto che la scelta fu quella di lasciare tutto ai “condomini” privati. Quella decisione ha ipotecato a mio avviso il destino di questi luoghi per le future generazioni, con gravissime responsabilità, mentre in Valdarda siamo qui ancora a beneficiare di una diga costruita 90 anni fa». Bisi ha poi ricordato le nuove opere tra cui, quella più significativa finanziata con fondi statali, ovvero la condotta in pressione di 20 chilometri che da Castell’Arquato giungerà ad Alseno parallelamente alla ferrovia senza toccare la rete di canali esistente (parte della quale ha più di 500 anni come il Canale della Sforzesca), ma affiancandosi ad essa, seguendo un tracciato interrato e distribuendo acqua in pressione subito e sempre disponibile dagli utilizzatori.
Si affianca il mantenimento dell’impianto di sollevamento di San Nazzaro Monticelli (costruito negli anni ‘50 e tutt’ora in esercizio) integrato ad un nuovo impianto posto a monte di quello esistente in località Ronchi. I due impianti deriveranno un massimo di 5 metri cubi al secondo di acqua irrigua, con la facoltà di sollevare portate modulabili rispondendo all’esigenza di flessibilità gestionale nei periodi di massima domanda. Ancora sull’efficientamento della distribuzione irrigua della Valdarda, è in fase di avvio la realizzazione dei tre laghi ad uso irriguo e utili come polmone per lo stoccaggio distributivo della vallata: la capacità di invaso è di 100.200 metri cubi per Caolzio, 133mila metri cubi per Moronasco e 203mila metri cubi per Molinazzo.
Invece, dal lato della difesa idraulica, è in fase di redazione il progetto esecutivo di un nuovo impianto di difesa idraulica a Soarza di Villanova. Il progetto prevede la costruzione di due impianti idrovori di sollevamento che andranno a rendere più sicuro anche Castelvetro. Infine la Val Trebbia: «Anche qui ci sono “condomini” privati e la gestione è complicata. Stiamo lavorando per efficientare questo importante territorio per il pomodoro, con la traversa di Mirafiori e quella di Rivergaro»
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