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BARI – Chi lo doveva andare a pensare… «Già, dal 1992, quando da giovanissimo parlamentare verde ho partecipato alla sitcom di Toti&Tata e Gennaro Nunziante a Telebari, chi lo doveva andare a pensare di diventare sindaco di Bari».

Sindaco Leccese, sta già pensando: “chi me lo ha fatto fare”?

«Indossare la fascia tricolore è un grande orgoglio e una grande responsabilità. All’inizio mi tremavano un po’ le gambe, ma man mano che passano i giorni la sfida si fa sempre più entusiasmante. Ho l’onore di rappresentare una comunità straordinaria».

Emozione, consapevolezza, brividi, voglia di fare bene. Quali sono le sensazioni che sta provando?

«È un mix di emozioni difficile da spiegare. Emiliano e Decaro hanno creato un rapporto fortissimo con la città e tutto ciò che succede ha come responsabile il sindaco, nel bene e nel male. Superata l’euforia iniziale dell’elezione i problemi dai affrontare sono tanti. C’è la consapevolezza di conoscere bene la città e la voglia di non deludere le aspettative del 70% degli elettori, un risultato che non riguarda solo Vito Leccese ma un’intera squadra e la comunità».

Che effetto fa arrivare a Palazzo di Città, ma dopo vent’anni andare nella stanza del sindaco da sindaco?

«Entrare a Palazzo di Città per me è un fatto ordinario, ero il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarmene. Certo cambiare stanza ha un impatto forte. A volte sbaglio – ride -. C’è un carico di responsabilità elevato, anche perché il risultato elettorale fa giustizia di dolori, sofferenze e patemi, però è il segno di un’aspettativa forte della città rispetto alle politiche del governo locale. Da un punto di vista emotivo, occupare questa stanza è un richiamo al senso di responsabilità di guida di una comunità di 320mila concittadini e di servizi da garantire loro».

Dica la verità, le lacrime nel momento della proclamazione sono colpa di Decaro?

«Antonio ha stretto un legame meraviglioso con Bari. Le sue lacrime sono sempre state quelle di un uomo che ha amato profondamente la sua comunità. Ora deve portare in Europa le istanze di un Sud che sta crescendo. E deve difenderlo anche dalle scelte scellerate di questo governo».

L’avvio della sua avventura politica risale a più di 30 anni fa. Cosa è cambiato?

«All’epoca eravamo depositari dei sogni di tanti giovani che a partire dalle questioni ambientali immaginavano un futuro diverso della città. Negli Anni ‘90 Bari era una città difficile da vivere, con la criminalità organizzata che controllava quasi militarmente il territorio. Era una città in cui veniva incendiato il teatro quale simbolo identitario del territorio. Una città, in cui i giovani ambivano ad andar via. Oggi sono il sindaco di una città in cui tanti giovani che sono andati via (la mia generazione) sperano di rientrare perché è migliorata la qualità della vita. Bari è una città diversa rispetto ad altre città del Sud, in cui il mare a sinistra che intende il rientro dal nord verso Bari, diventa un’opportunità per vivere meglio. Parlo del rientro di intere generazioni andate via. È un’emozione forte perché se all’epoca ero il depositario di questi sogni, oggi sono la persona che deve realizzare queste aspettative».

La sua anima verde per la città.

«Ho iniziato a piantare alberi quando l’ecologia era relegata ai margini del dibattito politico. Posso dire di essere stato un pioniere. Oggi ci troviamo di fronte alle grandi sfide dei cambiamenti climatici. Dobbiamo dare delle risposte in tema di transizione ecologica. In questo sono contento di essere il primo sindaco verde del Sud Italia. Ora serve un’alleanza forte con i cittadini che spero siano consapevoli che si tratta di una sfida, non di Vito Leccese, ma di tutti. Non sono sufficienti le politiche di governo ma serve la consapevolezza dei comportamenti individuali»…

La movida sfrenata fa felici i gestori dei locali, ma la qualità della vita dei quartieri interessati scende notevolmente. Eloquenti le proteste dei residenti. Da qui l’idea del sindaco della notte?

«Mi dà modo di spiegare meglio questa figura. Prima di tutto dobbiamo dire che non è un’invenzione nostra. Tante altre città in Europa hanno sperimentato questa soluzione. Bisogna trovare il modo per far convivere esigenze e aspettative diverse, talvolta in conflitto. Da un lato la legittima aspirazione economica dei gestori dei locali, che qui a Bari ha provato a migliorare l’offerta. Dall’altro i residenti con i disagi patiti sia per il parcheggio che per il frastuono notturno. Il sindaco della notte deve essere un mediatore di queste esigenze, in grado di comprendere quali siano le misure più adatte da adottare zona per zona, di concerto con residenti, commercianti e fruitori dei locali».

Sicurezza. Anche se è una priorità di prefettura e questura, qual è il ruolo di Palazzo per migliorare la situazione?

«Ha fatto bene a ricordare che il tema della sicurezza non rientra nelle competenze dirette di un sindaco. Questo, però, non ci esonera completamente dalle responsabilità. Nei giorni scorsi il comitato per l’ordine e la sicurezza ha fatto il punto su alcune criticità, soprattutto nelle aree di piazza Moro e piazza Umberto. Servono più controlli, certamente. Ma dobbiamo lavorare anche su decoro urbano e prevenzione. Ho chiesto ai servizi sociali di darci una lettura più approfondita di alcuni fenomeni per evitare che la nostra azione si limiti a far spostare le criticità da una zona all’altra della città».

L’assessorato alla felicità, è un’idea quasi surreale. Da cosa nasce?

«In realtà, quando ho parlato di “felicità”, stavo provando soltanto a usare un’iperbole. Il mio riferimento era soprattutto alla vecchia delega dei servizi alla persona. Anche nella denominazione degli assessorati, dobbiamo provare a puntare in alto. A partire dall’indicazione degli obiettivi politici. In questo senso si spiega il riferimento alla felicità. Un cittadino al quale vengono forniti servizi efficienti è un cittadino felice. Ma ci tengo a chiarirlo. Non ci sarà un assessorato alla felicità».

La casa resta un’emergenza. La vocazione turistica sta scatenando alcune variabili impazzite: dall’invasione dei b&b agli affitti alle stelle.

«Un presupposto: che Bari sia tra le mete più apprezzate anche dalle guide internazionali ci riempie di orgoglio. Quando sono entrato in consiglio comunale Bari era indicata come città off limits dalla stessa guida Lonely Planet che l’ha indicata come quinta meta turistica nel 2019. Ben venga quindi il turismo che porta ricchezza, ma deve essere governato altrimenti porta criticità, a partire dalla disponibilità di alloggi per residenti e studenti in universitari. Penso alle giovani coppie che sono tra le categorie che più faticano a trovare una casa e di conseguenza a fare dei progetti di vita familiare. La misura che già avevo anticipato era quella del bonus casa di 2.000 euro l’anno per duemila famiglie che non riescono a pagare l’affitto. È evidente, però, che si debba riflettere su come gestire questo straordinario afflusso di turisti, soprattutto trovando dei correttivi alla diffusa trasformazione del patrimonio immobiliare privato in b&b e case vacanza».

Si può fare qualcosa sotto l’effetto fiscale fine di agevolare affitti a canone più congruo?

«È un tema delicato, perché la legge fissa molti vincoli che riducono i nostri margini di manovra. Stiamo studiando degli incentivi per aumentare la disponibilità di case e per incentivare i proprietari ad affittare alle famiglie anziché puntare agli affitti brevi. Così come punteremo sul contributo alloggiativo. In ogni caso è necessario il contrasto all’abusivismo, quindi serve un accordo tra le associazioni dei rappresentanti dei proprietari e il Comune sui canoni concordati. A tal fine potremmo individuare i tributi locali dedicati per incentivare le locazioni a lungo termine. La vera sfida è incentivare l’utilizzo del patrimonio pubblico demaniale, come avverrà con la caserma Magrone e l’ex ospedale militare Bonomo destinati a nuovo campus universitario e a studentato».

La tassa di soggiorno sta andando oltre le più rosee aspettative.

«Sta andando meglio del previsto anche grazie alle azioni di contrasto all’abusivismo che sta facendo emergere il nero. La tassa deve essere destinata a migliorare l’appeal di servizi turistici, sulla base delle indicazioni per comitato indirizzo».

Come si va oltre la fase pionieristica del turismo?

«Bari ha vissuto una crescita improvvisa. Ora è tempo di guidare questo processo e la nostra visione è che la città si qualifichi sempre più come una destinazione del turismo culturale. Del resto, Bari si sta facendo largo tra le mete italiane, posizionandosi subito dopo le tradizionali città d’arte, conquistando una sempre maggiore attrattività per il pubblico straniero».

Cultura, cosa c’è da migliorare? Quali saranno le linee guida del suo mandato?

«Bari ha riqualificato gran parte di centro storico ed edifici di pregio, ha riaperto i teatri, il museo archeologico, valorizzato le architetture liberty, la Fondazione Petruzzelli ha recuperato il suo prestigio internazionale e sono state gettate le basi per l’avvio, ormai prossimo, del Polo delle arti contemporanee e della Public Library della Rossani. Ora si tratta di attribuire una governance all’intero sistema di offerta. Credo che insieme a Regione e Città Metropolitana occorra fare un ragionamento di sistema per gestire questi spazi e riempirli di contenuti, a partire dalla pinacoteca metropolitana, un patrimonio artistico di indiscutibile valore, ma allocata in spazi decentrati e inadeguati».

Proposte specifiche?
«Ce n’è una che voglio citare. La candidatura a patrimonio immateriale Unesco del culto nicolaiano, con il sostegno dei Paesi di religione cattolica e ortodossa. Un’opportunità che rilancerebbe Bari come riferimento culturale del Mediterraneo».

Commercio tra luci e ombre. Quali sono le priorità dello storico comparto cittadino?

«Occorre recuperare e valorizzare l’identità della città e la sua vocazione, considerando che è cambiato il commercio a livello mondiale. Abbiamo una base: il documento strategico per il commercio. Dopodiché ci siamo posti una serie di obiettivi programmatici: sostenere gli investimenti in innovazione, incoraggiare i cittadini ad acquistare localmente, riqualificare e valorizzare i mercati coperti. E poi, in tema di sicurezza, il commercio ha un valore non solo economico ma soprattutto sociale, a partire dalla valorizzazione delle nostre piazze. In più una sfida: vorremmo candidare Bari come capitale del commercio 2029, una possibilità che rievocherebbe la tradizione mercantile di questa città».

Via Manzoni si va avanti con la pedonalizzazione?

«La progettazione per via Manzoni è andata avanti e sono sicuro che riusciremo a dare una risposta per rilanciare una delle strade più importanti della città. In questo momento è in corso una interlocuzione con la sovrintendenza e presto incontreremo i cittadini. Un tema, però, resta centrale: prima di pedonalizzare dovremo individuare delle aree parcheggio per compensare la perdita di posti auto».

Lavoro, con bonus per i più indigenti e salario minimo per gli appalti comunali. I soldi dove li prende?

«Utilizzeremo i programmi comunitari di coesione. In questi anni sono state attivate tantissime misure. Porta Futuro è diventata un riferimento per tantissime persone. Il contrasto alle diseguaglianze sociali e di genere passa, inevitabilmente, dal tema del lavoro. Gli interventi sono frutto di una programmazione che l’amministrazione porta avanti da anni».

Rifiuti, la città è sporca. È una delle prime cose che ha detto. Oltre all’inevitabile moral suasion quali sono gli interventi reali per migliorare la situazione?

«Nel 1990 ho fatto l’assessore all’ambiente nella giunta di Enrico Dalfino. Ho approvato il primo regolamento dell’igiene urbana, supportato da un opuscolo il cui titolo era: “È più facile non sporcare che pulire”. L’educazione civica dei cittadini è fondamentale e deve essere accompagnata da politiche pubbliche adeguate, come la riduzione della produzione di rifiuti. Dobbiamo entrare nell’ottica dell’economia circolare. Ciò che più infastidisce il cittadino è sostanzialmente un problema di decoro urbano, perché i cumuli di rifiuti deturpano l’estetica e la bellezza della città, ma non è solo questo. Occorre ripensare, nell’ottica delle economia circolare, come chiudere il ciclo dei rifiuti».

Ha già incontrato i vertici di Amiu?

«È evidente che ci sia qualcosa che non sta funzionando nel servizio. Dobbiamo capire come riorganizzare il servizio senza rinunciare ad alcuni successi conseguiti nel corso degli ultimi anni. La raccolta porta a porta è molto dispendiosa, per esempio, in termini di personale. Ma ci consente di far incrementare in maniera importante la differenziata. Ecco, se devo pensare a una misura specifica, l’operatore ecologico di quartiere sarà di grande supporto».

Pianificazione territoriale e Pug. L’orizzonte cittadino è costellato di gru. Pur limitando il consumo di suolo, all’aumento delle volumetrie concesse (piano casa, lottizzazioni che vengono da lontano e quant’altro) non corrispondono adeguati servizi, tra cui viabilità e spazi verdi. Come si limita l’invasione del cemento?

«È fondamentale cambiare l’approccio culturale rispetto agli strumenti di pianificazione urbanistica. Per me quell’acronimo, Pug, sta per Piano Umanistico Generale. Nel senso che sarà sostanzialmente un piano che regolerà la vita futura della comunità cittadina e non solo le modalità di utilizzo del proprio territorio».

Mobilità: è il solito cane che si morde la coda. L’obiettivo è togliere le auto private dalla strada, ma i servizi di trasporto restano a desiderare. Così le auto invadono le strade e ovviamente i servizi Amtab ne risentono. Oltre al BRT quali sono gli altri interventi necessari?

«Garantire la mobilità significa garantire la democrazia. Anche qui ci vuole il giusto equilibrio. Non possiamo pensare di pedonalizzare la città senza fornire adeguate alternative a residenti e commercianti. Servirà un piano parcheggi per rivedere tutti gli spazi per la sosta. È fondamentale, poi, incrementare l’utilizzo del mezzo pubblico. In tal senso il BRT, assieme all’acquisto imminente di nuovi bus elettrici, costituirà una vera e propria rivoluzione. Ma vogliamo fare di più, andando verso la gratuità per i cittadini, considerato che lo sbigliettamento copre oramai solo una piccolissima parte del costo del servizio».

Piste ciclabili croce e delizia. Ce ne sono altre in programma? Ritiene opportuni dei correttivi?

«In campagna elettorale ho scherzato spesso sulla possibilità di eliminare alcune piste ciclabili. Il discorso è lo stesso delle pedonalizzazioni. Gli interventi che modificano così tanto la vita dei cittadini devono avere un impatto realmente positivo. In alternativa è giusto fare dei ragionamenti per capire cosa migliorare o cosa modificare. Logico, poi, che serve lavorare sulla cultura della mobilità. E in questo, come testimoniano i dati sullo sharing di mezzi leggeri, i baresi hanno risposto molto bene».

Ha scelto una giunta-ponte facendo di necessità virtù. Stando ai rumors potrebbe riconfermare buona parte dell’esecutivo Decaro, per cui alcuni assessori farebbero di fatto il terzo mandato negato invece allo stesso Decaro. Non ritiene sia auspicabile un cambiamento sempre nel rispetto dell’esito delle urne?

«Al momento si tratta di una giunta di scopo e non politica. Abbiamo la necessità di convocare il Consiglio comunale che obbligatoriamente, entro il 31 luglio prossimo, è tenuto ad approvare una delibera relativa agli equilibri finanziari, un passaggio necessario per certificare l’equilibrio di bilancio. Parliamo di un atto dovuto. Come ho detto più volte, ho una mia sensibilità che è diversa da quella dei miei predecessori. Del resto ho dimostrato già questa cosa nella scelta di cinque donne come presidenti dei cinque municipi. Non era mai successo nella storia di questa città».

Dopo le divisioni pre elettorali e l’unione pre ballottaggio, lei e Michele Laforgia state lavorando insieme. Quale può essere valore aggiunto per la città?

«Con Michele condividiamo un’amicizia pluriennale e la comunanza dei valori. Allargare il nostro progetto politico a quella parte della sinistra che, spesso, non si è sentita rappresentare dalla proposta del centrosinistra, ci fa diventare un laboratorio politico importante non solo a livello locale».

A fine estate aleggia lo spettro dell’esito dell’inchiesta ministeriale su Palazzo di Città. Si è fatto un’idea di cosa potrebbe accadere?

«L’amministrazione comunale sta fornendo tutto il supporto necessario alla commissione ispettiva. Dopodiché, ritengo che il procedimento in corso sia molto complesso e delicato e che non debba essere in alcun modo influenzato dalla politica. Una cosa, poi, ci tengo a dirla. Io, che ho vissuto l’amministrazione con incarichi importanti, non ho mai avvertito in questi anni alcun tipo di condizionamento o, peggio, il rischio di infiltrazioni mafiose nei gangli dell’amministrazione. Lasciamo, però, che la commissione svolga serenamente il suo compito».



 

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