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diPaolo Coccorese

Francesco Chiodelli, docente di Unito e del centro Full: «Non siamo ancora ai livelli delle grandi città d’arte, a la città sta cambiando. In Italia ancora troppo favoriti i proprietari storici rispetto a studenti e famiglie giovani»

«Riflettere sugli effetti provocati dal diffondersi degli Airbnb in città, in particolar modo in centro dove alcune ricerche tratteggiano pure per Torino il rischio per lo sviluppo di un eventuale fenomeno di overtourism come nelle grandi “capitali” turistiche, vuol dire confrontarsi con un modello basato su una spazialità precisa. La maggioranza degli affitti brevi offerti sulla piattaforma si localizzano in determinati luoghi, solitamente quelli più apprezzati dai visitatori. Ma non solo. Alcuni colleghi che lavorano sul tema da anni, sottolineano pure un elemento di accessibilità. Nei quartieri dove arriva la metropolitana, si moltiplicano gli Airbnb. È accaduto anche a Torino. Per esempio, vicino a piazza Carducci». 

Francesco Chiodelli è professore di Geografia economico-politica all’Università degli Studi di Torino. Da tempo studia il mercato immobiliare cittadino segnato da uno aumento costante e preoccupante dei canoni e dei prezzi. Autore di Cemento Armato, il suo ultimo libro edito da Bollati Boringhieri, Chiodelli, in questi ultimi mesi, segue un progetto di ricerca dedicato all’impatto della piattaforma Airbnb su quattordici capoluoghi italiani con il centro Full del Politecnico.




















































Anche in piazza Carducci, gli Airbnb rischiano di diventare un problema come nel centro turistico dove si parla di overtourism?
«L’abbinamento di questi due fenomeni, la concentrazione di Airbnb in centro e in luoghi più distanti come piazza Carducci, sono spiegati dalla presenza di un’infrastruttura come la metropolitana. Con la recente apertura delle fermate verso piazza Carducci, abbiamo visto una chiara tendenza all’aumento degli annunci localizzati in questa zona. Anche se distante dal centro, è percepita come connessa e quindi appetibile dai visitatori. Tolto quello della spazialità, stiamo approfondendo anche il capitolo dei proprietari. Chi sono gli host? Quanti sono? In alcune città, emergono grandi host che posseggono molti appartamenti e che li affittano sulla la piattaforma. A discapito di quella visione di un Airbnb basato su tanti singoli e diffusi proprietari che aveva segnato il debutto del sito».

Studiando la localizzazione degli Airbnb, l’andamento crescente del mercato immobiliare e il problema della casa emerge qualcosa?
«Siamo ancora all’inizio del nostro percorso, ma l’idea è che ci sia una correlazione tra questi fenomeni. Pensiamo però che sia sbagliato indicare gli affitti brevi e la piattaforma come unici responsabili. Airbnb è da considerare come uno degli anelli di una catena».

Se è avventato parlare di causa-effetto, condivide almeno il timore che la crescita di Airbnb nel centro turistico, parliamo di un balzo del 77 per cento, possa avviare un fenomeno di overtourism anche a Torino?
«C’è il sospetto, ma stiamo analizzando i dati. Questo fenomeno emerge più chiaramente nelle grandi città d’arte come Venezia, Firenze o Roma, rispetto che a Torino dove si ha una relazione meno intensa con il turismo. La città accoglie flussi di visitatori diversi ed è caratterizzata da una struttura del mercato immobiliare che ne risente meno, per le cose che conosciamo bene: una forte crisi demografica e un livello di prezzi ben distante da quello di Milano».

Qual è la sua fotografia del mercato immobiliare locale?

«Tutto sommato, sembra reggere abbastanza, anche se alcuni indizi di una crisi ci sono. Il numero di annunci è calato drasticamente e si sta assistendo a un meccanismo perverso per il quale conviene non affittare un alloggio a una famiglia, ma fare altro. Pensiamo agli Airbnb o agli studenti».

Uno studio ha evidenziato che gli Airbnb hanno portato alla crescita del 15% dei canoni di affitto a Barcellona. Capiterà anche a Torino?

«Non sono a conoscenza di ricerche che raccontano questo fenomeno nella nostra città. Diciamo che è una quantificazione anche molto difficile dal punto di vista scientifico. Quanto impatta Airbnb sugli affitti è una grande domanda. Direi che esistono dei parallelismi, che le cose corrono insieme, senza una chiara connessione causa-effetto».

Sembra cauto…
«Dare la colpa ad Airbnb può impedirci di vedere che quello degli affitti è un problema assai stratificato, nel tempo e nelle cause. Mentre dobbiamo riflettere su molti aspetti. Per esempio, l’assenza di politiche incentivanti. In Italia, la quota di chi vive in una casa non di sua proprietà è del 20%, in Francia è del 35%, in Germania del 51%. Viviamo in un Paese che promuove politiche orientate ai proprietari, come nel caso dei bonus edilizi. Il settore degli affitti è marginalizzato, la quota di edilizia pubblica è troppo bassa. Dobbiamo affrontare un problema strutturale. Con il rischio che Airbnb possa dare la mazzata finale».

Un recente studio di Housing-Anywhere tratteggia un incremento del 10 per cento del prezzo degli affitti, in particolare per gli studenti. Lei lo sta osservando?
«Dalle nostre ultime estrazioni, confrontando aprile e dicembre 2023, vediamo una crescita dei prezzi in linea con il decrescere del numero di annunci. Se consideriamo una fascia media di richiesta economica e metrature minori, si vede una riduzione del 50 per cento di alloggi sul mercato della locazione. Parliamo di soluzioni più facili da affittare sulla piattaforma di Airbnb e nel settore degli studenti. Se questo trend dovesse continuare, sarebbe giusto incominciare a preoccuparsi».

Perché rischiamo di allinearci alle realtà di altre grandi città. Bene, ma cosa fare per evitarlo?
«Tornando agli Airbnb, il primo passaggio deve essere una migliore regolamentazione. A Barcellona sono state annunciate politiche drastiche che bisogna però vedere se saranno attivate. Sottolineo che, anche se colpissimo gli Airbnb in quel modo così deciso, il problema della casa rimane. Pensiamo, per esempio, al deficit di edilizia sociale dedicata alla cosiddetta fascia grigia, le giovani famiglie, non i poveri, ma quelle non abbastanza ricche. In Italia, mancano soluzioni di social housing».

In attesa di vedere se saremmo preda dell’overtourism, la crescita del turismo sta già cambiando il centro città. Dove c’erano gli uffici e i negozi di marca, oggi spuntano paninerie e botteghe di souvenir.

«Questa è un’altra riflessione da fare. Prendiamo Porta Palazzo, per esempio, e il suo processo di foodfication. In Borgo Dora non c’è stata l’espulsione di massa dei residenti, ma si sta perdendo un certo senso delle tradizioni del luogo, della sua atmosfera. Anche in centro sta accadendo questo. Magari, gli appartamenti affittati ai turisti, una volta, erano chiusi e quindi nessun vecchio inquilino è stato allontanato. Ma l’overtourism, o meglio il turismo, sta cambiando la cultura, la percezione e il patrimonio simbolico di alcune vie».

22 luglio 2024 ( modifica il 22 luglio 2024 | 08:25)

 

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