La Galleria Violetti Arte
Contemporanea di Siena ospita dal 26 ottobre al 30 novembre la
mostra dedicata a Carlo Pizzichini, ‘Mora Mora altri orizzonti’,
che raccoglie un’ampia serie di opere dal 2010 a oggi su tela,
carta e ceramica; in particolare dà grande spazio alle opere
dell’ultimo periodo realizzate in Madagascar, il Paese dove
l’artista ha trovato nuove radici e ispirazione. La rassegna
antologica, curata da Elena Violetti che presenta anche un testo
critico in catalogo, è caratterizzata da un’esposizione
immersiva di gesti, segni, emozioni ispirati e trasposti in una
serie di lavori pittorici e scultorei, frutto dei tanti viaggi
in luoghi lontani, esperienze spazio-temporali che hanno avuto
un’influenza estetica, oltre che umana, su Pizzichini. Lo stesso
titolo ‘Mora Mora’, che in malgascio significa ‘piano piano’, è
un invito alla dolcezza della vita lenta, al dare importanza a
ogni istante, a fare le cose con il tempo necessario. La deriva
accelerata della nevrosi della nostra epoca trova dunque il suo
contrapposto in un luogo, il Madagascar, dove lo scorrere del
tempo è dettato dal calar del sole. “Quell’orizzonte infocato
d’arancio che tutte le sere si presenta puntuale un momento
prima della notte – spiega Carlo Pizzichini – seduce e nel
silenzio sussurra. Parla di un’isola del passato, di un luogo
unico, di un frammento di mondo dalle origini, di un archivio
della natura, di un universo indecifrabile di popoli e cose, di
uno scrigno di culture, disordinato, caotico, inafferrabile.
Seduto davanti al mare, che divide la ‘Grande Terra’ dal
Mozambico, aspettando il buio, con la serenità di quel motto
malagasy che fa di ‘mora mora’ il ritmo della vita e
l’intercalare più diffuso, mi dedico finalmente alla
contemplazione”. Su tele di grandi dimensioni appaiono
riferimenti e allusioni a terre lontane: come osservatore
complice e curioso, l’artista rivela nelle sue opere l’essenza
del mondo, non come mera rappresentazione ma come
‘ricostruzione’ data da un sentimento profondo e ancestrale.
Osservando la linea dell’orizzonte, Pizzichini scrive la sua
Odissea personale, un luogo di vuoti archetipi e primitiva
purezza, dove il segno muta senza perdere la sua autonomia.
Tracce, appunti, attimi di illuminazione, visioni, epifanie
fanno parte del fluido di ispirazione e cultura di cui artista e
opera si nutrono in uno scambio costante.
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