Roma – I sacrifici rivendicati da Giancarlo Giorgetti non sono finiti. Sono appena iniziati. E come quello della manovra, anche il conto dei prossimi cinque anni sarà salato: meno agevolazioni e incentivi, più tasse. A pagare, di nuovo, sarà chi non ha figli: il taglio delle detrazioni non si esaurirà con la legge di bilancio per il 2025. Ma la lista dei titolari dei sacrifici è ancora più lunga. Dentro ci sono le imprese, gli agricoltori e chi ha rimesso a posto la casa con il Superbonus.
Garantisce Giorgia Meloni che il conto sarà saldato. Anche a nome di chi eventualmente le subentrerà a Palazzo Chigi perché la rassicurazione poggia su impegni che partiranno dal 2027, proprio l’anno in cui terminerà l’attuale legislatura. Prima basterà il Pnrr.
La cauzione, però, va depositata subito. Il governo di destra lo fa con un allegato al Piano strutturale di bilancio (Psb) che dettaglia le riforme da realizzare entro il 2029 per rispettare le regole del nuovo Patto di stabilità. Ce ne sono 34 che valgono più delle altre perché permettono all’Italia di ottenere da Bruxelles una correzione dei conti spalmata su sette anni, fino al 2031, invece che su quattro. E quindi la possibilità di pagare “solo” 11-12 miliardi all’anno.
La Commissione europea ha dato il via libera lunedì, dopo aver preteso un calendario dettagliato delle riforme. Modello Pnrr, con le milestone agganciate a date prestabilite. Come avviene per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’Ue controllerà Roma sulla progressione degli impegni.
Lo farà anche su una delle azioni previste nell’allegato per “migliorare l’efficienza del sistema fiscale”: l’intervento sulle detrazioni per avvantaggiare le famiglie con figli. E quindi penalizzazioni per chi non li ha. Entro la fine del 2028, si legge nel documento, si ridurrà “la perdita di gettito legata alla detrazioni”. Le forbici taglieranno 7,3 miliardi di agevolazioni.
Non tutto ricadrà sui single e sulle coppie senza figli. Poco meno della metà dell’importo (3,6 miliardi) sarà sottratto ai sussidi dannosi per l’ambiente. E quindi meno sconti fiscali per gli agricoltori che oggi beneficiano di accise ridotte sull’acquisto di gasolio e benzina: solo uno dei “premi” che in tutto valgono 2,2 miliardi. La scure potrebbe colpire anche le imprese energivore, che oggi hanno agevolazioni per circa 500 milioni.
Se la legge di bilancio ha salvato le imprese dal conto da pagare, lo stesso non fanno le riforme del Psb. Pagina 6 del documento di 24 pagine: “Razionalizzazione e semplificazione degli incentivi per le imprese”. Dal titolo alle misure: “Ridurre drasticamente il numero delle misure di incentivazione”. Sempre entro la fine del 2028, ma la valutazione dell’impatto scatterà già l’anno prossimo.
Meno incentivi e nuovi aiuti lontani: la legge quadro per aumenterà la competitività delle piccole e medie imprese vedrà la luce solo alla fine del 2026. E ci vorranno altri due anni per tutti gli strumenti attuativi.
Tocca anche a chi ha usufruito dei bonus edilizi, dal 2019 in poi. Tasto dolente per il governo che si è rifugiato dietro la caccia alle case “fantasma” per mitigare il contraccolpo politico che arriva dall’aggiornamento dei valori catastali di queste abitazioni. Sì, le tasse aumenteranno. Lo scrive il ministero dell’Economia: “Aggiornamento dei valori catastali per le imposte sugli immobili sottoposti a interventi di efficienza energetica e/o miglioramento strutturale”. Entro il 2027 si completeranno la mappatura e l’aggiornamento del registro catastale: l’anno dopo scatterà l’aumento delle rendite. E quello delle imposte.
Le riforme servono anche a recuperare il terreno perduto. Gli impegni sono ambiziosi, dalla riduzione del 90% delle cause 2023-2025 che alla fine dell’ultimo anno di riferimento risulteranno ancora pendenti davanti ai tribunali e alle Corti di appello civili. La Pubblica amministrazione dovrà misurarsi con “la performance”: almeno il 20% dei posti vacanti per i dirigenti saranno assegnati ai “funzionari più meritevoli selezionati sulla base di un’adeguata procedura di valutazione della performance”. Arriveranno anche bonus legati alla produttività.
E poi gli asili nido, dopo il flop del Pnrr. Una disponibilità di posti “pari ad almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni”, a livello nazionale, e al 15% a livello regionale. Promesse da mantenere per non far pagare al Paese un conto ancora più salato.
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