Con le modifiche introdotte dal Decreto fiscalità internazionale (D.Lgs. n. 209/2023) cambiano le regole in materia di residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti. Nella circolare n. 20/E dell’Agenzia delle Entrate sono riportate le istruzioni operative conseguenti all’impatto della nuova normativa su persone fisiche e società. Prima di tutto cambia il concetto di “domicilio”: a differenza della disciplina previgente, non è più mutuato dal codice civile, ma, in linea con la prassi internazionale, viene riconosciuta prevalenza alle relazioni personali e familiari piuttosto che a quelle economiche. Ciò fatta salva l’eventuale applicazione di disposizioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Il documento chiarisce, inoltre, che la semplice presenza sul territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo d’imposta – 183 giorni in un anno – è sufficiente a configurare la residenza fiscale in Italia. Per effetto dell’introduzione del nuovo criterio della presenza fisica – si legge – le persone che lavorano in smart working nello Stato italiano, per la maggior parte del periodo d’imposta, sono considerate fiscalmente residenti in Italia, senza che sia necessaria la configurazione di alcuno degli altri criteri di collegamento previsti dalla normativa (residenza civilistica, domicilio, iscrizione anagrafica). Infine, il Fisco evidenzia che l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente acquisisce il valore di una presunzione relativa (e non più assoluta) di residenza fiscale in Italia. Nel documento di prassi anche i nuovi criteri per la residenza di società ed enti.
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