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La filiera dell’innovazione made in Italy #finsubito prestito immediato




Ultim’ora news 22 ottobre ore 20


Non più ecosistema, parola che a un certo punto, dopo i primi anni rampanti delle startup tecnologiche, è diventata ormai abusata, ma filiera. «Perchè è a tutti gli effetti quello delle startup e delle Pmi innovative è un settore industriale, che produce economia, produce innovazione, genera posti di lavoro, che è poi l’unità di misura più importante quando si ragiona di un settore produttivo, e quindi merita di avere politiche industriali che ne accompagnino il rafforzamento e la crescita», dice Giorgio Ciron, direttore di InnovUp, l’associazione che dal 2012 rappresenta e unisce la filiera dell’innovazione italiana.

La filiera è molto ampia e ricca di soggetti, startup, scaleup e Pmi innovative, ma anche la rete in progressiva crescita degli incubatori e degli acceleratori (le culle all’interno delle quali le startup si strutturano e crescono), i centri di ricerca universitari, i parchi scientifici e tecnologici, i fondi e le realtà finanziarie che danno l’ossigeno al sistema per crescere.
Uno scenario estremamente variegato, per il quale è complicato definire un perimetro oggettivo di misurazione, in quanto il fattore comune di questa filiera, la capacità di produrre innovazione, è un elemento in continua trasformazione.

I numeri della filiera dell’innovazione made in Italy

LA DIMENSIONE DELLA FILIERA

Secondo i dati presentati a fine settembre in occasione della Italian Tech Week di Torino, e frutto di ricerche promossa da InnovUp, Assolombarda e Fondazione Ricerca e Imprenditorialità (R&I), con il contributo dell’Unione Industriali di Torino e di Confindustria Genova, le startup ed ex startup innovative italiane hanno generato un fatturato totale di 11,7 miliardi di euro nel 2022, cifra che sale a 12,8 miliardi aggiornando i bilanci disponibili al 2023. Parallelamente, il valore aggiunto prodotto è stato di 2,4 miliardi di euro nel 2022, che diventano 3 miliardi nel 2023. Complessivamente, dal 2012 a oggi, la filiera dell’innovazione ha generato oltre 210.000 nuovi posti di lavoro, mobilitando quasi 40mld di euro. Il 62% delle startup italiane ha osservato una forte crescita delle proprie risorse umane nell’ultimo anno (+25% e oltre) e l’incremento delle startup ed ex-startup innovative, nei primi 5 anni di vita, è maggiore rispetto al totale delle nuove imprese (126% Vs 117%). Una filiera consolidata, insomma, che porta ossigeno all’economia, e che ha trovato vie e modi per conservare una sorta di «italian touch» anche in un orizzonte competitivo globale come quello dell’innovazione tecnologica.

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Il valore complessivo (2023) della filiera dell’innovazione italiana

Come osserva infatti Ciron, provando a misurare gli ambiti nei quali le startup italiane esprimono i talenti più significativi, «è chiaro come i settori nei quali le nostre giovani aziende fanno la differenza sono quelli propri del made in Italy, a rafforzare appunto il concetto che l’innovazione fa parte di sistemi, di filiere, che hanno una radice consolidata: siamo forti nel foodtech, nell’innovazione applicata al design e al fashion-tech, abbiamo delle eccellenze di livello mondiale nell’aerospazio e nella life-science. E poi, cosa che viene comunicata troppo poco a mio avviso, l’Italia produce eccellenti ingegneri e programmatori che portano poi il loro talento in tutto il mondo». Anche la filiera della formazione, universitaria e post-universitaria, insomma, in quest’ambito produce buoni frutti. È più scettico, Ciron, rispetto alla narrazione che va per la maggiore, ovvero il tema dell’intelligenza artificiale come nuova frontiera di sviluppo per le startup. «Per me l’IA è una tecnologia abilitante trasversale a tutti i settori, non lo vedo come un settore su cui fare impresa, in Italia. È una partita per superbig, ci vogliono capitali infiniti; mi pare più ragionevole pensare
all’IA come una commodity da applicare in maniera trasversale allo sviluppo dei diversi settori nei quali siamo forti».

I soggetti del sistema innovazione

LE FRAGILITÁ APERTE

In questo quadro di positiva proiezione verso la crescita e il futuro, fragilità e criticità nello scenario nell’innovazione italiana, non mancano. «Il primo fronte che richiede un salto di qualità è diventare più bravi nella fase delicatissima di technology transfer», dice il direttore di InnvUp: «L’Italia produce molte idee e ha molte competenze, ma fa fatica poi a trasformare questo capitale umano e questa creatività in brevetti concreti, in aziende che abbiano le gambe per poter marciare. Solo se si è in grado di fare questo salto si diventa interessanti sullo scenario internazionale. E per aiutare questo salto dobbiamo, come Paese, creare delle regole del gioco favorevoli allo sviluppo delle startup e facilitare gli investimenti che consentano loro di crescere».

Giorgio Ciron, direttore di InnovUp

Quello della disponibilità di capitali di rischio è, fin dai primi passi della rivoluzione digitale, uno dei tasti dolenti del sistema dell’innovazione italiano. «Le startup si finanziano tramite business angel o con fondi di venture capital. Ma la messa a disposizione di risorse per lo sviluppo dell’innovazione dovrebbe diventare un’abitudine culturale per tutti i cittadini. Se solo una parte del risparmio privato degli italiani, oggi fermo sui conti correnti, venisse impiegato per finanziare le imprese innovative lo scenario cambierebbe. Far crescere il sistema dell’innovazione significa generare lavoro, sviluppo, fiscalità, sostenibilità. eccetera eccetera dovrebbe andare verso questo tipo di realtà, questo tipo di aziende proprio perché crea economia, crea sviluppo, crea tasse, crea sostenibilità». © riproduzione riservata



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