Gli stalli sono vuoti da quasi due anni. Dopo il primo slancio iniziale “Reggioinbici” ha registrato una brutta battuta d’arresto. A giugno del 2019 partiva il servizio di “bike sharing”. Dieci stazioni fisiche, 130 biciclette, 50 a pedalata assistita e 80 a trazione: ecco gli strumenti con cui si è provato a cambiare l’approccio alla mobilità. Una vera e propria sfida culturale su cui l’amministrazione guidata dal sindaco Falcomatà aveva puntato attraverso i finanziamenti del Pon Metro. Del resto l’utilizzo del mezzo simbolo della svolta ecologica viene incentivato dall’Europa. E la città aveva risposto. In molti avevano apprezzato la possibilità di spostarsi attraverso la “mobilità dolce” lasciando a casa l’auto.
Poi il primo stop legato alle continue e tristi vandalizzazioni dei mezzi e alla lunga serie di furti. Poi una timida ripresa seguita da un definitivo stop.
L’esperimento che a più riprese è stato proposto ha certificato che la comunità non è ancora “matura” per questo genere di servizio. Tanti troppi i furti, per non parlare dei mezzi danneggiati a cui sono stati prelevati dei pezzi. Una “bocciatura” del grado di civiltà di una frangia di cittadini che però finisce per abbattersi su tutti. Il risultato? Nella stagione che ha visto il debutto della città dello Stretto tra le mete turistiche (grazie alle nuove rotte di Ryanair) i vacanzieri hanno trovato gli stalli vuoti. Eppure proprio per avvicinare il territorio agli standard europei di mobilità era stato pensato e finanziato il servizio.
Ma il Comune non molla. Una minoranza non può far cessare un servizio che invece è espressione di una comunità che vuole crescere. Come conferma l’assessore comunale alla viabilità, Paolo Malara, che annuncia: «Il parco mezzi sarà potenziato con 60 nuove biciclette, 30 a pedalata muscolare e 30 a pedalata assistita. È in corso l’esperimento di una nuova fornitura. Appena saranno “spendibili” le risorse del Pon Metro».
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